Page 64 - Dizionario di Filosofia
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dell’interpretazione che Alessandro* di Afrodisia aveva dato del pensiero
aristotelico e che, soprattutto nel XVI sec., venne contrapposta alle interpretazioni
degli averroisti e dei tomisti. Il contrasto si accese in particolare sulla dottrina
dell’intelletto, cui era connesso il problema dell’immortalità dell’anima, che
Alessandro di Afrodisia aveva negato in forma più diretta e radicale di quanto
avrebbe fatto, in epoca più tarda, lo stesso Averroè. Pertanto l’alessandrismo fu
condannato dal 5° Concilio lateranense del 1512. Esso ebbe i suoi centri nelle
università di Padova e di Bologna e i suoi maggiori rappresentanti nel Pomponazzi e
nello Zabarella.
ALESSANDRO di Afrodisia, filosofo greco (fine del II e inizio del III sec. d.C.).
Scolarca del Liceo tra il 198 e il 211, fu il maggiore dei commentatori antichi del
pensiero aristotelico, di cui accentuò il carattere naturalistico, insistendo
sull’autonomia del mondo e sull’immanenza dei suoi princìpi esplicativi e dando
rilievo al nominalismo logico col negare realtà extramentale ai concetti universali.
Grande importanza ha nella storia della filosofia la sua interpretazione della dottrina
aristotelica dell’intelletto (esposta nel trattato Sull’anima) per l’influsso esercitato
sul pensiero medievale e rinascimentale (v. ALESSANDRISMO). Alessandro di
Afrodisia identificò l’intelletto attivo, universale e incorruttibile, con Dio stesso,
distaccandolo nettamente dall’intelletto individuale umano (distinto a sua volta in
intelletto potenziale e in intelletto acquisito) che, per essere strettamente legato alla
struttura dell’organismo, muore col corpo: viene così negata l’immortalità
dell’anima razionale. Da ricordare inoltre, tra gli scritti originali di Alessandro, un
trattato Sul fato, in cui, contro il determinismo professato dagli stoici, è rivendicata
la libertà del volere.
Bibliogr.: F. Nourisson, Essai sur Alexandre de Aphrodisias, suivi du traité du
destin et du libre pouvoir, Parigi 1870; P. Moraux, Alexandre d’Aphrodisie exégète
de la poétique d’Aristote, Liegi 1942; O. Hamelin, La théorie de l’intellect d’après
Aristote et ses commentateurs, Parigi 1953.
ALESSANDRO di Hales, teologo inglese, chiamato Doctor irrefragabilis (Hales,
Gloucestershire, 1170 circa - Parigi 1245). Intorno al 1220 insegnò a Parigi in
qualità di maestro secolare; entrato nell’ordine francescano verso il 1231, fu il
primo maestro dell’ordine che insegnasse all’università di Parigi (1232-1238). Gli è
attribuita una somma teologica, chiamata appunto Summa fratris Alexandri, che però
raccoglie capitoli suoi e di altri teologi del suo ordine: essa è una sintesi del
pensiero dei francescani di quel tempo sui principali problemi teologici e filosofici,
e fu ampiamente utilizzata da san Bonaventura. Alessandro di Hales conobbe e
utilizzò le principali opere di Aristotele, gli scritti di Avicenna e di Avicebron, ma
rimase sostanzialmente fedele alla tradizione agostiniana, entro i cui schemi vengono
inglobate anche alcune dottrine desunte da Aristotele e dagli Arabi: l’intelletto attivo
non è inteso come una sostanza separata, ma come un elemento dell’anima
individuale; la dottrina aristotelica dell’astrazione è accettata quasi integralmente,
ma viene collegata con la teoria dell’illuminazione divina; viene affermata la tesi
dell’ilomorfismo universale senza però il carattere monistico datole da Avicebron.