Page 85 - Dizionario di Filosofia
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la felicità.

          Bibliogr.: V. SOFISTI.
          ANTILOGÌA.  Per  gli  scettici  greci,  l’asserzione o  l’argomento  contrario  e  di  egual
          peso che si contrappone a ogni asserzione o a ogni argomento; donde l’equilibrio

          delle  affermazioni  nello  spirito,  ma  anche  la  sospensione  di  ogni  giudizio.  (V.
          PIRRONISMO, SCETTICISMO.)
          ANTIMACHIAVELLISMO.  Il  termine  in  senso  specifico  definisce  la  posizione  di  un
          gruppo  di  autori,  fioriti  nel XVI  sec.  durante  il  periodo  della  Riforma,  i  quali,
          partendo da premesse etico-religiose, confutarono e respinsero gli insegnamenti del
          Machiavelli.  Già  nel  1542  Girolamo  Osorio  nel De  nobilitate  christiana  aveva

          sottolineato il carattere « pagano » di tutti gli scritti machiavelliani, e nel 1547 il
          cardinale Reginald Pole aveva preteso di scorgere nel Principe il « mostro » da cui
          l’Occidente avrebbe dovuto liberarsi. Dopo la condanna di papa Paolo IV e la messa
          all’Indice  (1559)  delle  opere  del  Machiavelli,  si  sviluppò  tutta  una  letteratura
          antimachiavellica,  a  cominciare  dai  «  discorsi  »  del  giureconsulto  francese

          Innocence  Gentillet  (1576)  per  arrivare  all’opera  del  gesuita  spagnolo  Pedro
          Ribadeneyra (1597), che definì Machiavelli maestro di corruzione e di ipocrisia, e
          ai libri di Tommaso Bozio da Gubbio (1593-1594). Ma l’estremismo di una simile
          polemica (ripresa, per es., dal gesuita Gian Lorenzo Lucchesini nel 1697 col Saggio
          della sciocchezza di Niccolò Machiavelli) portò verso la fine del XVI sec. al sorgere
          del  movimento  dei  teorici  della  ragion  di  Stato,  di  cui  Jean  Bodin  può  essere
          considerato caposcuola.

          ANTINOMÌA.  Compresenza  di  due  proposizioni  che  reciprocamente  si  escludono  e
          sono  contraddittorie,  ma  che  sono  entrambe  dimostrabili  con  argomenti  di  ugual
          forza. (Una delle due proposizioni si chiama tesi, l’altra antitesi.) Kant ha introdotto
          per  primo  nel  linguaggio  filosofico  la  parola antinomia  per  indicare  la
          contraddizione  in  cui  la  ragione  viene  a  trovarsi  con  se  stessa  quando  voglia

          risolvere  i  problemi  fondamentali  della  cosmologia  razionale,  ossia  i  problemi
          derivanti dall’idea del mondo come totalità assoluta di tutti i fenomeni, come l’unità,
          in sé incondizionata, delle condizioni che determinano l’esperienza. Ciascuno di tali
          problemi, secondo Kant, presenta una duplice soluzione:
          PRIMA ANTINOMIA. Tesi: « Il mondo ha un inizio nel tempo e, nello spazio, è chiuso
          entro limiti ». La prova si ricava dalla contraddizione logica dell’idea di una serie
          infinita  e,  ciononostante,  determinata:  determinata  in  quanto  trascorsa  rispetto  al

          tempo e numerabile rispetto allo spazio.
          Antitesi: « Il mondo non ha né inizio né limiti spaziali, ma è infinito sia nel tempo sia
          nello  spazio  ».  La  prova  si  ricava  dall’impossibilità  di  un tempo vuoto  e  di  uno
          spazio vuoto che racchiudano il tempo e lo spazio finiti del mondo.
          SECONDA  ANTINOMIA. Tesi:  «  Ogni  sostanza  composta  consta  di  parti  semplici  ».
          Infatti in caso contrario, qualora si sopprimesse ogni composizione, non resterebbe

          nessuna parte componente, quindi assolutamente niente, e per conseguenza nessuna
          sostanza sarebbe data.
          Antitesi:  «  Nessuna  sostanza  composta  consta  di  parti  semplici  e  in  nessun  luogo
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