Page 862 - Dizionario di Filosofia
P. 862

(1721), l’Autobiografia (1728), la seconda Scienza Nuova, stesa in meno di quattro

          mesi di lavoro febbrile (1729-1730).
          Anche  se  l’opera  nella  nuova  veste  non  ebbe  un’accoglienza  migliore  della
          precedente, Vico cominciò a beneficiare dei primi riconoscimenti ufficiali: nel 1734
          fu nominato storiografo regio. Trascorse gli ultimi anni a ritoccare il suo capolavoro,
          che uscì nella redazione definitiva (nota come Scienza Nuova terza) pochi mesi dopo
          la sua morte.

          Il pensiero del Vico muove dal rifiuto del razionalismo cartesiano e dell’evidenza
          come criterio di verità. Il fondamento del conoscere è la « conversione del vero col
          fatto  »  (verum  et  factum  convertuntur,  verum  ipsum  factum):  ne  segue  che  una
          conoscenza  razionale  assoluta  è  privilegio  esclusivo  di  Dio,  creatore  del  mondo.
          Nonostante  il  motivo  agnostico  che  è  alla  base  della  sua  gnoseologia,  Vico
          costruisce da un lato una metafisica della natura, centrata sulla nozione di materia
          come  insieme  di  punti  di  forza,  e  dall’altro  perviene  nella Scienza  Nuova  alla

          identificazione  di  un  aspetto  della  realtà,  il  mondo  storico,  prodotto  dall’azione
          umana e quindi trasparente alla ricerca dell’uomo. Ma la causa prima, efficiente e
          finale,  di  tutta  la  realtà,  è  Dio,  e  anche  la  storia  segue  le  linee  di  un  disegno
          provvidenziale.  Essa  inizia  dal  peccato  originale  e  percorre  le  tappe  di  un
          progressivo riscatto.  Perciò la « storia ideale eterna », che contiene il significato
          universale della storia temporale delle nazioni, è una « teoria civile e ragionata della

          provvidenza divina ». La primitiva violenza dei desideri e delle passioni si placa
          nella  disciplina  eroica  e  successivamente  nella  consapevolezza  razionale  delle
          limitazioni imposte dal bene comune. Ma nell’umanità giunta alla fine di un ciclo e
          dominata ormai dalle astrazioni della « ragione tutta spiegata », riemerge il potere
          indistruttibile  del  peccato  originale:  la  coscienza  etica  si  svuota  e  una  nuova
          barbarie si instaura, punto di partenza di un’altra travagliata redenzione (teoria dei
          corsi e ricorsi). Entro questo schema si collocano le grandi « scoperte » vichiane: la

          natura fantastica della poesia e del linguaggio; il valore autonomo della mentalità
          mitica  e  dell’etica  eroica;  l’esigenza  della  liberazione  autocritica,  per  capire  il
          passato e il diverso, dalla tendenza ad assolutizzare particolari istituzioni (« boria
          delle nazioni ») e tipi di cultura (« boria dei dotti »); l’unità della « filosofia » e
          della « filologia », ecc.

          In contrasto con la tradizionale immagine idealistica (Croce, Gentile, Nicolini) del
          Vico genio isolato, precorritore e anticipatore del Romanticismo, gli studiosi di oggi
          tendono piuttosto ad accentuare i legami del filosofo con il suo tempo.
          Bibliogr.: Le opere di V. sono state pubblicate a cura di F. Nicolini, 8 voll., Bari
          1914-1941;  tra  le  antologie: Opere,  a  cura  di  P.  Rossi,  Milano  1959.  Per  la
          bibliografia è essenziale la Bibliografia vichiana, a cura di B, Croce e F. Nicolini,

          2 voll., Bari 1947-1948; su V.: G. Ferrari, La mente di Giambattista Vico, Milano
          1837; B. Croce, La filosofia di G. B. Vico, Bari 1911; F. Nicolini, La giovinezza di
          G.  B.  Vico,  Bari  1932;  A.  Corsano, Umanesimo  e  religione  in  G.  B.  Vico,  Bari
          1935;  M.  Fubini, Stile  e  umanità  di  G.  B.  Vico,  Bari  1946;  N.  Badaloni,
          Introduzione a G. B. Vico, Milano 1961; Aa. Vv., Omaggio a Vico, Napoli 1968; P.
   857   858   859   860   861   862   863   864   865   866   867