Page 865 - Dizionario di Filosofia
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altri hanno conferito un valore privilegiato all’esperienza speculativa, nella quale la

          realtà stessa si fa pienamente autoconsapevole.)
          • Filosofia della vita (in ted. Lebensphilosophie), designazione generica di quelle
          filosofie sviluppatesi tra la fine del XIX sec. e l’inizio del XX, di lontana derivazione
          romantica,  ma  spesso  elaborate  da  pensatori  assai  distanti  tra  di  loro  (Dilthey,
          Simmel, Scheler, ecc. e, soprattutto, M. de Unamuno e Ortega y Gasset), che hanno in
          comune un atteggiamento antiintellettualistico in base al quale, contrapposta la vita

          alla  ragione,  le  esigenze  di  quest’ultima  e  gli  stessi  valori  dello  spirito  vengono
          subordinati ai valori della vita e alle sue leggi immanenti.
          Bibliogr.:  J.  S.  Haldane, Mechanism, life, and personality,  Nuova York 1923;  P.
          Enriques, Il  problema  della  vita,  Bologna  1937;  F.  Chauvet-Dusoul, La
          métaphysique de la vìe, Parigi 1941; J. Caries, Les origines de la vie, Parigi 1950;

          J. D. Bernal, The physical basis of life, Londra 1951; A. I. Oparin, L’origine della
          vita sulla terra, Torino 1956; K. Baier, The meaning of life, Camberra 1957; M. G.
          Rutten, The  geological  aspects  of  the  origin  of  life  on  earth,  Amsterdam-Nuova
          York 1962.
          VITALISMO. Dottrina che, preponendo ai fenomeni vitali un principio loro proprio, li

          ritiene  non  riducibili  all’ordine  fisico-chimico.  In  senso  generico,  si  possono  far
          rientrare  in  tale  orientamento  di  pensiero  tutte  le  dottrine,  a  cominciare  da  quelle
          della filosofia greca, che hanno preposto alla vita un principio autonomo.
          Più  correttamente  tuttavia  si  parla  di  vitalismo  a  proposito  di  quei  filosofi  e
          scienziati dei secc. XVIII-XIX che, per spiegare la peculiarità dei fenomeni della vita,
          ritenevano  necessario  il  ricorso  a  una  misteriosa  «  forza  vitale  ».  La  forma  più
          compiuta  di  vitalismo  fu  quella  elaborata  presso  la  scuola  di  medicina  di

          Montpellier, a opera di Barthez. Tuttavia, quando con la sintesi dell’urea (1828) fu
          dimostrata  la  possibilità  di  giungere  a  composti  organici  muovendo  da  sostanze
          inorganiche,  le  posizioni  di  principio  del  vitalismo,  scosse  da  una  grave  crisi,
          subirono  una  modificazione  radicale:  così  il neovitalismo,  pur  insistendo  sulla
          peculiarità  qualitativa  della  forza  vitale,  riconobbe  la  validità  del  metodo

          sperimentale anche nell’indagine diretta a circoscrivere la natura e il modo di agire
          di quella. (V. anche MECCANICISMO.)
          VITTORINO da Feltre, educatore e pedagogista italiano (Feltre 1373 circa - Mantova
          1446).  Della  famiglia  dei  Rambaldoni,  economicamente  decaduta,  poté  seguire  a
          Padova  i  corsi  di  filosofia,  retorica  e  matematica  solo  mantenendosi  con  vari
          espedienti  e  dando  lezioni  private.  Fra  il  1415  e  il  1416  visse  a  Venezia,  dove

          frequentò  la  scuola  di  Guarino  Veronese,  imparando  il  greco  e  stringendo  una
          duratura amicizia con il maestro. Tornò quindi a Padova (1419) e tenne per due anni
          (1421-1422) la cattedra di retorica in quella università. Alla fine del 1422 aprì a
          Venezia una propria scuola, frequentata dai figli delle grandi famiglie della città e da
          giovani  provenienti  da  molte  parti  d’Italia.  Nel  1423,  sollecitato  a  occuparsi

          dell’educazione dei figli del duca Gianfrancesco Gonzaga, si trasferì a Mantova. Fu
          autorizzato a far convivere con quelli del suo protettore altri bambini, figli per lo più
          di  grandi  signori  italiani  e  di  illustri  rappresentanti  della  cultura  umanistica.
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