Page 839 - Dizionario di Filosofia
P. 839

la  visione  cristiana  della  realtà,  specialmente  con  l’idea  di  creazione.  Questa

          trasformazione dell’aristotelismo dall’interno è già esplicita nell’opera giovanile De
          ente  et  essentia,  dove  il  rapporto  potenza-atto  diventa  onnicomprensivo;  cioè,
          mentre  per  Aristotele  esso  si  identificava esclusivamente  con  il  rapporto
          materiaforma, per Tommaso esso si applica anche al rapporto essenza-esistenza: è
          questo il punto fondamentale per il quale il tomismo si rende autonomo rispetto al
          pensiero  aristotelico,  introducendo  l’idea  della  contingenza,  e  quindi  della

          creazione,  in  ogni  essere  finito.  Tommaso  ammette  infatti  negli  esseri  finiti  la
          distinzione reale tra l’essenza e l’esistenza: in ogni ente diverso da  Dio l’essenza
          (detta  anche quidditas  o  natura)  comprende  tutto  ciò  che  è  espresso  nella  sua
          definizione, e quindi nelle sostanze composte (per es., l’uomo) essa comprende sia la
          forma sia la materia; dall’essenza così intesa si distingue l’essere, ovvero esistenza,
          della  cosa  stessa.  L’essenza  non  è  causa  dell’esistenza,  ma  sta  in  rapporto
          all’esistenza  come  la  potenza  sta  all’atto,  ossia  essa  è  pura  potenzialità  rispetto

          all’esistenza; pertanto occorre che questa sia data da altri, cioè da Dio, che è l’unico
          essere in cui essenza ed esistenza coincidono, perché in Dio non esiste potenzialità.
          In  tal  modo  l’esigenza  della  creazione  viene  portata  da  Tommaso  nella  stessa
          costituzione  delle  cose  finite,  che  senza  l’atto  creativo  di  Dio  rimarrebbero  pure
          possibilità. Questo non significa ammettere un inizio nel tempo della creazione: di
          ciò  Tommaso  afferma  che  non  esistono  prove  sufficienti  né  a  favore  né  contro  e

          quindi solo per fede si crede a una creazione che ha inizio nel tempo.
          Dalla  stessa  dottrina  deriva  un’altra  delle  posizioni-cardine  di  Tommaso,  il
          principio dell’analogia dell’essere, in base al quale l’essere di Dio e l’essere delle
          creature  non  sono  radicalmente  diversi  (altrimenti  non  si  potrebbe  passare  dalla
          conoscenza delle creature a quella di Dio), ma neppure identici: infatti l’essere di
          Dio è infinito e necessario (in quanto in lui essenza ed esistenza coincidono), mentre
          l’essere  delle  creature  è  finito  e  contingente.  Si  tratta  invece  di  un  rapporto  di

          analogia, che si configura come una diversa proporzionalità rispetto all’essere. Ne
          consegue pertanto che non esiste, come per Aristotele, un’unica scienza dell’essere,
          ma occorre distinguere tra la metafisica, che è la scienza delle sostanze create e si
          avvale di principi evidenti alla ragione umana, e la teologia, che concerne l’essere
          necessario e si fonda sulla rivelazione divina. La fede quindi supera la ragione, ma

          senza annullarla e senza contraddire a essa: le verità di fede sono soprarazionali, non
          irrazionali (contro la teoria della « doppia verità » che, pur non essendo stata mai
          apertamente formulata dagli averroisti latini, sembrava essere la logica conseguenza
          della  loro  netta  separazione  e  contrapposizione  tra  ragione  e  fede).  Secondo
          Tommaso, la ragione è in grado di dimostrare i preamboli della fede, tra cui in primo
          luogo l’esistenza di Dio. Egli per dimostrare che Dio esiste presenta cinque vie, le
          quali  sono  tutte a posteriori.  La prima prova si richiama a quella aristotelica del
          motore  immobile  (ex motu);  la  seconda  conduce  a  Dio  attraverso  la  connessione

          delle cause efficienti (ex causa efficiente),  la  terza  è  basata  sulla  distinzione  del
          possibile  dal  necessario  (ex  possibili);  la  quarta  conclude  dalla  gradualità  delle
          perfezioni (ex gradibus) all’esistenza di un essere che possiede queste perfezioni in
   834   835   836   837   838   839   840   841   842   843   844