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soluzione  «  gnoseologica  ».  Il  tempo  non  è  né  un  flusso  oggettivo,  né  un’ipostasi

          nominale  del  modo  di  presentarsi  dell’esperienza  interna:  esso  è  una  «  intuizione
          pura » e l’intelletto può costruire l’ordine causale del mondo solo sulla base di tale
          forma a priori della sensibilità. Mentre l’idealismo classico tedesco vide nel tempo
          la  forma  astratta  del  movimento  della  coscienza  o  dello  spirito  in  generale  (e  su
          questa  posizione  sono  anche  Croce  e  Gentile),  Bergson  distinse  il  tempo  reale
          (durata),  con  il  quale  si  identifica  il  processo  stesso  della  vita  interiore  e

          dell’evoluzione creatrice, dal tempo « spazializzato », riduzione di quell’impetuoso
          flusso che avanza gravido dell’intero passato a successione senza vita di istanti tutti
          uguali. Ma la nozione classica del tempo come ordine seriale unico e omogeneo, non
          importa  se  sussistente  in  sé  o  solo  all’interno  di  una  coscienza,  è  entrata  in  crisi
          anche  e  soprattutto  in  seguito  alle  grandi  svolte  della  fisica  moderna.
          L’irreversibilità  dei  fenomeni  studiati  dalla  termodinamica  non  si  inquadra  nello
          schema di un tempo omogeneo, fatto di momenti tutti uguali, così come la relatività di

          Einstein esige che siano accettate come fisicamente reali serie temporali diverse, in
          dipendenza delle velocità dei moti in cui possono essere coinvolti i vari osservatori.
          Il problema del tempo è stato infine affrontato dall’esistenzialismo, in particolare da
          Heidegger e da Sartre, secondo una prospettiva originale. Il tempo non è più per essi
          una struttura necessaria dell’essere, ma la condizione dell’esistenza come possibilità
          e  progetto.  Il  futuro,  luogo  delle  nostre  scelte  e  anche  della  virile  decisione

          anticipatrice, diviene in tale concezione la dimensione fondamentale del tempo e la
          chiave  del  suo  significato  metafisico.  Gli  orientamenti  della  riflessione  filosofica
          contemporanea sul tempo sono in larga misura condizionati dalle impostazioni della
          fìsica relativistica e della metafisica esistenzialistica.
          TEOCRAZÌA  (gr. theós,  dio,  e kràtos,  potere).  Forma  di  governo  in  cui  il  potere
          politico,  che  si  ritiene  direttamente  emanato  da  Dio,  è  amministrato  da  uomini

          investiti dell’autorità religiosa, con la conseguente identificazione di potere politico
          e religioso. Il termine teocrazia sembra essere stato coniato da Giuseppe Flavio per
          distinguere  il  particolare  regime  politico  del  popolo  ebraico  dalle  altre  forme  di
          governo teorizzate da Aristotele: la monarchia, l’aristocrazia e la democrazia. Gli
          uomini investiti di fatto del potere, in quanto delegati da Dio, possono essere uomini

          singoli,  anche  appartenenti  a  dinastie  ereditarie,  oppure  un  sacerdote  o  una  casta
          sacerdotale (ierocrazia). Le due forme di teocrazia possono anche coesistere. Nella
          storia  delle  dottrine  politiche  s’intende  per  dottrina  teocratica  quella  cristiana
          dell’origine divina del potere, fondata sul celebre passo di Paolo: « omnis potestas a
          Deo » (Rom., 13, 1-2), la cui interpretazione variò fortemente attraverso i secoli,
          oscillando  fra  l’attribuzione al  sovrano  della  responsabilità  solo  di  fronte  a  Dio
          (interpretazione  teocratica  del  primo  tipo),  con  conseguente  sottomissione  della

          Chiesa al sovrano nel campo politico; e l’affermazione del dominio universale del
          papa, nella sua qualità di capo dell’organismo attraverso il quale il volere di Dio si
          attua  sulla  Terra  (interpretazione  ierocratica),  Quest’ultima  tendenza  prevale  nel
          pensiero  della  patristica  e  della  prima  scolastica;  le  teorie  della  superiorità  del
          potere spirituale su quello temporale trionfarono specialmente sotto  Gregorio  VII,
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