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sincero della realtà della dimensione soprannaturale attestata dalla Rivelazione e da

          altri come maldestro tentativo di compromesso con le autorità culturali costituite.
          Il naturalismo di Telesio, nonostante i suoi tratti arcaicizzanti, rappresenta un deciso
          capovolgimento delle concezioni dell’uomo e del mondo tipiche dell’aristotelismo e
          del  platonismo  cristiani.  Bruno,  Campanella,  Bacone,  Hobbes  e  l’immanentismo
          moderno in genere hanno in lui uno degli anticipatori più appassionati e suggestivi.

          Bibliogr.: Opere, a cura di L. De Franco, Cosenza 1965 e sgg.; su T.: F. Fiorentino,
          Bernardino  Telesio,  ossia  studi  storici  su  l’idea  della  natura  nel  rinascimento
          italiano,  2  voll.,  Firenze  1872-1874;  N.  C.  Van  Densen, Telesio:  the  first  of
          moderns, Nuova York 1932; N. Abbagnano, Telesio e la filosofia del rinascimento,
          Milano 1941; G. Soleri, Telesio, Brescia 1945.

          TEMPO. Nella storia della filosofia occidentale è dapprima prevalsa la concezione
          realistica del tempo: il tempo è un flusso unico e omogeneo, nel quale sono immerse
          le cose soggette a mutamento. Per il pensiero greco tale flusso è per lo più circolare
          e il suo simbolo è la ruota: il fiume del tempo ripercorre il proprio letto, nel quale
          sorgente e foce si saldano, secondo cicli eternamente ricorrenti. Parmenide e Zenone,
          negando  il  movimento,  coinvolsero  nella  negazione  anche  la  realtà  del  tempo:

          secondo Parmenide, l’essere è « sempre ora tutto insieme » e « la Dike non gli ha
          concesso il nascere e il perire ». Il tempo diviene così mera apparenza e reale è solo
          l’immobile  presente  dell’eternità.  Aristotele  definì  il  tempo  come  «  misura  del
          movimento rispetto al prima e al dopo »; anche per lui, come per Platone, esiste una
          realtà  privilegiata,  immutabile  e  necessaria  allo  stesso  modo  dell’essere
          parmenideo, che si colloca fuori del tempo. La interiorizzazione del tempo e la sua
          riduzione a dimensione della coscienza sono nel pensiero antico posizioni tipiche di

          Plotino e di sant’Agostino.  Per il primo il tempo esiste solo come successione di
          stati  all’interno  dell’«  anima  del  mondo  ».  Il  secondo  propose  la  celebre
          identificazione  del  tempo  con  la  «  distensione  dell’anima  »  (distensio  animi):  il
          passato e il futuro hanno realtà solo nel presente della coscienza, come memoria e
          come aspettazione. Il pensiero cristiano non rifiutò tuttavia la nozione realistica del

          tempo e precisò solo meglio, sulla linea del Timeo platonico, l’origine e i confini di
          esso: il tempo è nato con la creazione del mondo (e dunque per sant’Agostino ogni
          domanda sul « prima » della creazione è priva di senso) e finirà con la fine di esso
          (la fine del mondo è « il compimento del tempo »).
          L’oggettività del tempo è alla base della meccanica e della cosmologia di Newton:
          per  lui  come  per  Samuel  Clarke  il  tempo  è  un  attributo  di  Dio.  Questo  «  tempo
          assoluto » è una successione uniforme, che può essere misurata (« tempo relativo »)
          facendo  riferimento  ai  movimenti  celesti.  La  costruzione  «  psicologica  »  della

          nozione di tempo è tipica dell’empirismo: l’idea di tempo, per  Locke,  Berkeley e
          Hume, rimanda necessariamente all’esperienza interiore del fluire degli stati psichici
          e della successione delle idee nella mente. Anche Leibniz respinse per parte sua la
          nozione  del  tempo  come  proprietà  oggettiva  delle  cose  e  lo  definì  «  l’ordine  dei
          fenomeni  successivi  ».  Kant  cercò  di  superare  le  difficoltà  insite  tanto  nella

          concezione  realistica  quanto  nella  fondazione  psicologica  del  tempo  con  la  sua
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