Page 820 - Dizionario di Filosofia
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          tabula rasa  («  tavoletta  raschiata  »),  loc.  lat.,  usata  nel  linguaggio  filosofico  per
          indicare  l’assenza  di  ogni  segno  o  contenuto  nella  mente,  prima  dell’inizio  del
          processo della conoscenza. Traduce la formula greca pínax agraphe (« tavola non
          scritta  »),  usata  dal  commentatore  di  Aristotele  Alessandro  di  Afrodisia.

          L’espressione fu ripresa da san Tommaso e da Locke, dopo il quale è divenuta, in
          senso più specifico, l’etichetta convenzionale dell’empirismo antinnatistico.
          TAINE (Hippolyte), filosofo, storico e critico letterario francese (Vouziers, Ardenne,
          1828 -Parigi 1893). Boicottato dai rappresentanti della cultura ufficiale per la sua
          avversione allo spiritualismo dominante, dovette rassegnarsi ad abbandonare Parigi

          e a insegnare in licei di provincia (1851-1852). Ben presto però tornò a Parigi, dove
          cominciò  a  collaborare  al Journal  des  débats  e  alla Revue  des  Deux  Mondes  e
          ottenne il dottorato in lettere (1853) con un Saggio sulle favole di La Fontaine e con
          la  dissertazione  latina De  personis  platonicis.  I  numerosi  viaggi  (nei  Pirenei,  in
          Inghilterra,  in  Belgio,  in  Germania,  in  Italia)  ebbero  la  funzione  di  importanti
          esperienze  culturali  e  segnarono  le  tappe  dello  sviluppo  dei  suoi  interessi

          intellettuali.  Con  l’affievolirsi  della  pressione  del  potere  politico  nel  secondo
          decennio dell’Impero anche l’ostracismo accademico contro Taine venne a cadere.
          Se le prime opere di Taine, in particolare il Saggio su Tito Livio (1856) e i Saggi di
          critica  e  di  storia  (1858),  attestano  ancora  interessi  prevalenti  di  storico  della
          letteratura, la sua personalità di filosofo, formatosi su Hegel, su Condillac, su Bain,
          su Comte, su J. Stuart Mill e sui grandi empiristi inglesi, venne tuttavia ben presto in
          primo piano. Dopo gli studi sui Filosofi francesi del XIX secolo (1857), nei quali

          regola polemicamente i suoi conti con l’aborrito eclettismo elaborato da V. Cousin,
          Taine si eoncentrò nella redazione del suo capolavoro, il trattato Dell’intelligenza,
          scritto in polemica contro la concezione spiritualistica dell’uomo e pubblicato solo
          nel 1870. Intanto, dopo il viaggio in Italia (1864) narrato in un’opera in due volumi
          (1866), dai corsi di estetica e di storia dell’arte tenuti alla Scuola di belle arti erano
          nati numerosi saggi dedicati alla « filosofia dell’arte » nei vari paesi (Italia, Paesi

          Bassi,  Grecia),  saggi  pubblicati  dal  1865  al  1869  e  riuniti  poi  nella Filosofia
          dell’arte, che rimase il testo più significativo di tutta l’estetica positivistica. L’arte e
          la letteratura sono funzioni naturali di quell’animale superiore che è l’uomo. Tutti i
          grandi  artisti  e  i  grandi  scrittori  sono  guidati  da  una  facoltà  dominante  (faculté
          maîtresse), che può essere quella poetica, come in La Fontaine, o quella oratoria,
          come  in  Tito  Livio.  A  sua  volta  questa  facoltà  è  sottoposta  all’influenza  della
          posizione geografica, del suolo e del clima (Viaggio ai Pirenei, 1855), e soprattutto

          al condizionamento della razza, del momento e dell’ambiente (prefazione alla Storia
          della letteratura inglese, 1863).
          Dopo  la  sconfitta  militare  del  1870  a  opera  dei  Prussiani,  la  caduta  del  secondo
          Impero e la crisi degli anni successivi, Taine intraprese la stesura delle monumentali
          Origini della Francia contemporanea (6 voll., 1875-1893). L’opera è animata da
          spirito antigiacobino e da una visione ridimensionatrice della « grande rivoluzione »,
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