Page 802 - Dizionario di Filosofia
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Enden, cattolico divenuto « libero pensatore », completò la sua educazione,
imparando il latino e iniziandosi alla matematica. Poté così avvicinarsi ai filosofi
del Rinascimento (la questione se abbia letto qualche opera di Bruno è però
controversa), a Bacone e a Cartesio. Sotto l’influenza di questa nuova cultura si
venne staccando dal giudaismo, deludendo le speranze che i correligionari avevano
riposto nel suo precocissimo ingegno. Cacciato dalla sinagoga e scomunicato (1656),
Spinoza abbandonò qualche anno dopo Amsterdam (1660), ritirandosi a vivere
prima nei pressi di Leida e poi (1663) in un sobborgo dell’Aia. Passò il resto della
sua vita nella meditazione e nella composizione delle sue opere, mantenendo
rapporti disinteressati con pochi amici eminenti e guadagnandosi da vivere col
mestiere di lucidatore di lenti per strumenti ottici.
Le sue prime opere (se si prescinde dall’Apologia, scritta in spagnolo dopo la
scomunica e andata perduta) sono i Principi della filosofia di Cartesio (Renati
Descartes principia philosophiae) e i Pensieri metafisici (Cogitata metaphysica),
ambedue scritte fra il 1656 e il 1663. Oltre a questi opuscoli Spinoza pubblicò solo
i l Tractatus theologico-politicus* (1670): la risoluzione rigorosa in esso operata
della religione confessionale in religione razionale suscitò reazioni ostili anche in
ambienti relativamente tolleranti, dando origine alla fama di Spinoza come uomo
empio e maledetto e costringendo l’autore a non stampare nient’altro per tutto il resto
della sua vita. Frattanto, tra il 1656 e il 1661 circa, Spinoza aveva scritto il breve
trattato De Deo et homine eiusque felicitate*, che anticipa in forma meno rigorosa e
sistematica il contenuto dell’Etica*, composta a sua volta dal 1660 al 1675. Il
Tractatus de intellectus emendatione (Trattato sulla emendazione dell’intelletto),
scritto prima del 1662 e rimasto incompiuto, costituisce una sorta di premessa
metodologica alla posteriore costruzione del sistema. Infine il Tractatus politicus,
iniziato nel 1676 e non terminato per la sopravvenuta morte del filosofo, contiene la
dottrina spinoziana dello Stato, concepito come espressione della stessa necessità
razionale e come potenza liberatrice, sottomettendosi alla quale il singolo supera la
particolarità del proprio orizzonte passionale e raggiunge la vera libertà.
Il pensiero di Spinoza ha nell’Etica la sua esposizione più compiuta. Il filosofo
insegna agli uomini a trasformare la loro visione immediata del mondo, che si
presenta come finito e contingente, nell’idea di una realtà infinita e totalmente
necessaria. Questa realtà è l’unica sostanza (Deus sive Natura), la quale si manifesta
sotto il duplice aspetto di natura naturans (principio e ragione di tutti i mutevoli
aspetti dell’universo) e di natura naturata (la molteplicità dell’universo). In questo
modo Spinoza risolve il dualismo cartesiano, anticipando nel suo monismo
rigidamente immanentistico i temi fondamentali dei grandi sistemi idealistici
tedeschi. Le cose derivano dunque da Dio, « non però dall’arbitrio di una sua
antropomorfica volontà, che sarebbe come dire dal suo capriccio, ma dalla sua
assoluta natura ». Gli uomini deformano questa verità fondamentale, perché tendono
a costruirsi con l’immaginazione una realtà che compiaccia alle loro passioni e ai
loro bisogni. Nascono così i pregiudizi tipici della religione, come quello che Dio
diriga le cose verso un fine determinato, o che egli debba essere pregato e adorato