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piatto). Possiamo definire la geodetica come la linea che congiunge due eventi per

          cui  l’intervallo  di  tempo  proprio  calcolato  lungo  la  linea  stessa  è  un  valore
          estremale. Le geodetiche risentono della presenza di materia in quanto questa incurva
          lo spazio e lo deforma. In tal modo si scopre che le geodetiche dello spazio-tempo
          attorno  a  un  corpo  come  il  sole  seguono  con  grande  accuratezza  le  traiettorie
          newtoniane.  In  altri  termini  invece  di  dire  che  la  materia  crea  un  campo
          gravitazionale  e  che  questo  campo  fa  deviare  i  corpi,  Einstein  sostiene  che  tale

          campo  va  interpretato  come  curvatura  dello  spazio  e  che  tale  curvatura  fissa  la
          sostituzione  del  concetto  di  retta  con  quello  di  geodetica.  Per  fenomeni  che
          avvengono su scala del sistema solare o anche della galassia la relatività generale
          introduce modificazioni assai lievi e appena rilevabili rispetto alla classica teoria
          newtoniana. Lo spazio è su questa scala leggermente deformato. Più drastiche sono
          le previsioni per distanze dell’ordine di alcuni miliardi di anni luce. Qui si pensa
          che  la  materia  presente  nell’universo  abbia  un  effetto  cumulativo  sulla  curvatura

          dello spazio.
          SPECIE. La teoria della specie come intermediario del rapporto conoscitivo deriva
          dal pensiero di Aristotele, o per meglio dire dall’interpretazione scolastica di esso.
          Poiché  i  sensi  e  l’intelletto  non  assumono  in  sé  le  cose  stesse  nell’atto  in  cui  le

          conoscono  (la  conoscenza  non  consiste  in  un’appropriazione  effettiva  del  reale),
          bisogna ammettere che essi ricevano solo la « forma » o « specie » delle cose (si
          diceva anche la « similitudine » di esse). Il senso è definito perciò da san Tommaso
          potenza ricettiva delle specie sensibili e l’intelletto potenza ricettiva delle specie
          intelligibili.  Le  specie  sono  immateriali,  ma  tuttavia  in  un  primo  momento  ancora
          legate  al  carattere  particolare  e  sensibile  dell’oggetto  (species  impressae).  La
          funzione mentale deputata a ricevere le specie sensibili e determinate è l’intelletto «
          passivo  »  o  «  potenziale  ».  Successivamente  l’intelletto  «  agente  »  proietta  sulle

          specie la propria luce e astrae da esse il contenuto universale e intelligibile (species
          expressae). La dottrina delle specie fu abbandonata dalla tarda scolastica (per es.,
          da Occam e dagli occamisti), in conformità con l’esigenza di concepire il processo
          conoscitivo come un rapporto diretto con le cose stesse, senza l’interposizione di
          fittizi intermediari. La nozione che rese possibile la postulazione di un tale rapporto

          diretto  fu  quella  di intenzione*.  Si  può  considerare  con  qualche  approssimazione
          come un ritorno alla dottrina della specie la concezione dell’idea come oggetto della
          conoscenza, caratteristica di Cartesio e di Locke.
          • La nozione biologica di specie risponde alla necessità pratica di dare un nome agli
          organismi viventi che si presentò prima all’uomo cacciatore, poi all’agricoltore e
          allevatore, infine all’uomo quale osservatore della natura. Entro limiti di tempo la
          specie appare come un insieme dai caratteri costanti e i naturalisti si sono sforzati di

          darne una definizione. Per Linneo, fondatore della sistematica, le specie erano fisse
          ed  esistevano  come  tali  dal  momento  della  creazione.  Nessun  parametro
          morfologico,  fisiologico,  chimico,  offre  però  da  solo  un  criterio  assoluto  di
          definizione della specie. La ricerca biologica è giunta a un concetto dinamico della
          sistematica;  cssa  mostra  che  la  specie  è  variabile  e  comprende  genotipi  che
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