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Bruno  a  Spinoza,  Vico  e  Rosmini  a  Kant  e  Gioberti  alla  triade  degli  idealisti

          tedeschi. Questa discutibile interpretazione aveva come fini immediati quello di far
          uscire  la  cultura  filosofica  italiana  dalla  sua  chiusura  provinciale  e  quello  di
          indicare  la  linea  del  suo  sviluppo  futuro.  Lo  Spaventa,  commentando  la
          Fenomenologia  dello  spirito  e  la Scienza  della  logica  di  Hegel,  insistette
          sull’esigenza  che  lo  spirito  (o  la  «  mentalità  pura  »,  come  egli  diceva)  fosse
          concepito  come  la  condizione  immanente  del  processo  dialettico,  e  non  come  il

          risultato  di  esso.  Questa  «  correzione  »  dello  hegelismo  (o  forse  solo  di  una
          interpretazione scolastica di esso) fu considerata dal Gentile come una acquisizione
          capitale e come l’anello di congiunzione fra la filosofia di Hegel e il suo attualismo.
          Il Croce, nipote dello Spaventa, apprezzò del filosofo soprattutto il forte senso dello
          Stato e la ragionata fede liberale.
          Opere  principali: La filosofia di Kant e la sua relazione con la filosofia italiana
          (1856), Prolusione e introduzione delle lezioni di filosofia (1862) [ripubblicata dal

          Gentile  nel  1926  con  il  titolo La  filosofia  italiana  nelle  sue  relazioni  con  la
          filosofia  europea*], La  filosofia  di  Gioberti  (1863), Le  prime  categorie  della
          logica di Hegel  (1864), Principi di filosofia (1867). Di quest’ultima opera esiste
          una ristampa curata dal Gentile e uscita nel 1911 con il titolo Logica e metafisica;
          nello stesso anno il Gentile pubblicò anche una raccolta degli articoli dello Spaventa
          usciti sulla rivista Il Cimento, intitolandola La politica dei gesuiti nel secolo XVI e

          nel secolo XIX. Gentile pubblicò anche saggi dedicati dallo Spaventa a Hegel e alla
          filosofia  moderna  italiana  ed  europea  (Scritti  filosofici,  1901; Principi  di  etica,
          1904; Da Socrate a Hegel*, 1905).
          Bibliogr.: Saggi filosofici, a cura di G. Gentile, Napoli 1900; Scritti inediti e rari
          (1840-1880),  a  cura  di  D.  d’Orsi,  Padova  1966; Unificazione  nazionale  ed

          egemonia culturale,  a  cura  di  G.  Vacca,  Bari  1969;  su  S.:  G.  Gentile, Spaventa,
          Firenze 1924; G. Arfé, L’hegelismo napoletano e B. Spaventa, « Società », 1952; S.
          Landucci, Il giovane Spaventa tra hegelismo e socialismo, « Annali Feltrinelli »,
          1963; G. Vacca, Politica e filosofia in B. Spaventa, Bari 1967.

          SPAZIO. La problematica intorno allo spazio costituisce un capitolo molto importante
          della storia della filosofia. I temi di tale problematica vertono essenzialmente sulla
          natura dello spazio e sull’oggettività o soggettività di esso. Se l’esteriorità dei corpi
          in generale viene riconosciuta come un dato di fatto, la dimensione essenziale di tale
          esteriorità (cioè lo spazio) può essere intesa o come luogo dei corpi o come loro
          contenente.  Nel  primo  caso  tutto  lo  spazio  è  pieno,  mentre  nel  secondo  bisogna
          anche ammettere l’esistenza del vuoto. La nozione dello spazio come luogo (in gr.
          tópos) è tipica di Aristotele. Ogni corpo ha un limite entro cui è contenuto e questo

          limite costituisce il suo spazio.
          L’insieme di tutti i limiti è lo spazio in generale. L’universo in quanto tale non è in
          nessun « luogo »: lo spazio è finito e la sua estensione massima coincide con quella
          delle sfere celesti. Questa concezione caratterizza non solo la tradizione aristotelica,
          ma tutta una linea di pensiero che, passando attraverso Cartesio e Spinoza, giunge

          fino al Kant precritico. La celebre polemica (1715-1716) fra Leibniz da un lato e
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