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natura esclusivamente una « affezione » dell’io, mentre il riferimento della
modificazione a un oggetto, con il quale ha inizio l’attività conoscitiva vera e
propria, viene designato di solito con il termine di « percezione ». La sensazione è
assunta così come contenuto elementare dell’io, come atomo irriducibile del mondo
coscienziale e il tipo di problematica che la concerne è di ordine psicologico, più
che gnoseologico-ontologico. Questa delimitazione del significato del termine ha
prevalso nella filosofia moderna, peraltro con molte eccezioni (Locke afferma, per
es., che la sensazione ci fa certi dell’esistenza del mondo esterno, come l’intuizione
di quella di noi stessi e la dimostrazione di quella di Dio). Il sensismo* è il tentativo
rimasto esemplare di costruire, sulla sola base della sensazione assunta come
elemento ultimo irriducibile, tutti i contenuti e le facoltà dell’io. Anche il posteriore
associazionismo* della psicologia positivistica muove dal presupposto della
sensazione come atomo indecomponibile, fondamento di tutte le possibili
combinazioni dell’universo psichico. La psicologia contemporanea rifiuta tanto
l’associazionismo quanto la distinzione della sensazione dalla percezione: nella
realtà i cosiddetti dati sensibili si propongono sempre entro strutture oggettivamente
costituite. (V. GESTALTISMO.)
SENSÌBILI. Nella fenomenologia della sensazione di Aristotele sono sensibili propri
quelli percepiti da un solo organo di senso: per es. il colore è un sensibile proprio
della vista, il suono dell’udito, ecc. Aristotele spiega nel De anima che invece « un
movimento si apprende tanto per mezzo del tatto, quanto per mezzo della vista »:
perciò il movimento è un sensibile comune.
SENSISMO. Dottrina filosofica secondo la quale tutte le conoscenze si riducono a
sensazioni e ogni funzione dell’io è il risultato di un processo di trasformazione delle
sensazioni. Il termine viene riferito nell’uso più corretto solo alle dottrine
gnoseologiche che fanno dei sensi l’unica fonte della conoscenza umana, e non a tutte
quelle che affermano il fondamento empirico di essa. L’empirismo nega che vi siano
idee innate, ma non esclude l’esistenza autonoma di altre fonti e funzioni conoscitive,
accanto ai sensi propriamente detti: Locke, che spiega l’origine delle idee complesse
e di quelle generali con l’attività dello spirito, non può essere definito un « sensista
». Se la gnoseologia di Hobbes offre già un esempio di sensismo rigoroso, è stato
tuttavia Condillac a fornire il modello più semplificato e in un certo senso anche la
verifica sperimentale della dottrina. Tutte le analisi del Trattato delle sensazioni*
vogliono provare che non ci sono contenuti e facoltà dell’anima che richiedano, per
essere giustificati nella loro genesi, il ricorso a funzioni e a materiali diversi da
quelli offerti dalle sensazioni. Il desiderio, l’attenzione, la memoria, la
comparazione, il giudizio e in una parola tutte le nostre operazioni intellettuali sono
solo « sensazioni trasformate ». La costruzione di Condillac incontrò larghissimo
favore nella cultura illuministica: il materialismo di La Mettrie, d’Holbach, di
Helvétius poggia su basi sensistiche. In Italia non solo pensatori come il Genovesi, il
Romagnosi, il Gioia, ecc., professarono il sensismo gnoseologico ed etico, ma, sotto
l’influsso della nuova filosofia, nacque anche una diversa concezione dei fatti
letterari e del bello in generale. Un’estetica sensistica fu abbozzata fra gli altri