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Uno  dei  compiti  della  ricerca  semantica  più  attivamente  perseguiti  nei  tempi  più

          recenti è quello della individuazione delle unità minime di significato, dette semi. Di
          regola esse non coincidono con le unità morfologiche quali possono essere la parola
          o  la  radice:  la  parola  deve  invece  essere  considerata  come  comprendente  una
          pluralità di tratti significanti minimi il cui carattere distintivo è peraltro difficile da
          stabilire in modo oggettivo. Così la parola padre può essere analizzata nei semi «
          genitore », « maschio », « generazione immediatamente precedente », « filiazione

          diretta  »,  ecc.:  questa  ricerca  dà  modo  di  porre  in  rilievo  il  fatto  che  in  sistemi
          linguistici diversi parole che si possono ritenere corrispondenti a uno stesso concetto
          non hanno in realtà in comune tutti gli stessi semi: così, ad esempio, la lingua di un
          gruppo  umano  in  cui  la  terminologia  della  parentela  sia  elaborata  su  base
          classificatoria non comprenderà nel termine per fratello il sema « discendenza dagli
          stessi genitori ».
          Complessi sono anche i rapporti che possono essere individuati tra la semantica e la

          grammatica: così come la grammatica comprende oltre alla fonologia una sintassi e
          un lessico, la semantica comprende da un lato la descrizione della struttura interna
          degli elementi lessicali, e dall’altro fornisce un’interpretazione della rete di rapporti
          che all’interno della frase collegano tali elementi, rapporti che la sintassi descrive
          dal punto di vista formale. Perché due morfemi possano formare una combinazione
          corretta  dal  punto  di  vista  semantico  è  necessario  che  essi  siano  compatibili  dal

          punto di vista semantico, e spesso che abbiano un sema in comune. Così il verbo «
          mangiare » richiede la presenza del sema « commestibilità » nel termine destinato a
          fungergli  da  complemento  oggetto:  se  tale  esigenza  non  è  rispettata  si  vengono  a
          costituire  delle  frasi  che  formalmente  possono  essere  perfettamente  corrette,  che
          possono  anche  risultare  perfettamente  comprensibili  e  anche  profondamente
          suggestive  (e  caricarsi  di  valori  metaforici  e  poetici)  ma  che  la  descrizione
          semantica identifica come anomale. Da questo punto di vista la ricerca semantica è

          di grande interesse nello studio del linguaggio letterario.
          Bibliogr.:  T.  De  Mauro, Introduzione  alla  semantica,  Bari  1965;  S.  Ullmann,
          Semantica,  Bologna  1966;  A.  Schaff, Introduzione  alla  semantica,  Roma  1967;
          Semantica  e  filosofia  del  linguaggio,  a  cura  di  L.  Linsky,  Milano  1969;  A.  J.

          Greimas, Semantica strutturale, Milano 1969; A. Bonomi e G. Usberti, Sintassi e
          semantica trasformazionale, Milano 1972.
          SEMANTICITÀ. La proprietà di avere significato. Hanno una loro semanticità, e cioè
          significano qualcosa, tutti i segni in quanto tali, e naturalmente anche gli enunciati
          che  esprimono  comandi,  esclamazioni,  desideri  e  simili.  La  semanticità,  oggetto
          della logica, è invece attribuita già nel Dell’interpretazione di Aristotele solo agli

          enunciati « che possono essere veri o falsi ». Dal punto di vista di questa accezione
          ristretta si intende, nel quadro di quelle correnti della filosofia contemporanea che si
          interessano  all’analisi  del  linguaggio,  il  senso  dell’affermazione  di  Ch.  Morris,
          secondo  la  quale  l’avverbio  «  fortunatamente  »  appartiene  al  momento  della
          pragmaticità e non a quello della semanticità della semiosi. (V. SEMIOTICA.)

          SEMETIPSISMO (dal lat. semetipse, se stesso). Sin. di SOLIPSISMO.
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