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note erano quasi esclusivamente opere di logica: l’Isagoge di Porfirio, l’Organon di
Aristotele e le opere di Boezio. Nacque in questo ambito la questione degli
universali (v. UNIVERSALE); mentre alcuni sostenevano il concettualismo* o
addirittura il nominalismo* (Roscellino), altri, come Guglielmo di Champeaux e
sant’Anselmo, difendevano il realismo*, e cioè la tesi dell’esistenza reale degli
universali. Tuttavia, la disputa sugli universali si trasformò rapidamente da questione
logico-grammaticale in problema metafisico-teologico. I pericoli insiti
nell’accettazione del nominalismo (i suoi seguaci erano fra l’altro indotti a mettere in
discussione il dogma trinitario) spinsero i cosiddetti « antidialettici », fra i quali il
più eminente fu san Pietro Damiani, a condannare ogni tentativo di razionalizzazione
della verità rivelata. Le tesi mistiche di quest’ultimo furono riprese nel XII sec. dai
maestri platonizzanti dell’abbazia di San Vittore (i « Vittorini »), mentre il
razionalismo trovò il suo campione nel maggior pensatore dell’epoca, Pietro
Abelardo. Dalla lettura del Timeo platonico i seguaci della scuola di Chartres
(Bernardo di Chartres, Guglielmo di Conches) derivarono un nuovo interesse per lo
studio della cosmologia e dei fenomeni naturali. In polemica aspra contro di loro
furono i cosiddetti « iperdialettici », contestati a loro volta da Giovanni di Salisbury.
I Libri quattuor Sententiarum di Pietro Lombardo, infine, offrirono verso la metà
del secolo un modello di trattazione sistematica dell’enciclopedia filosofico-
teologica.
• Apogeo della scolastica (XIII sec.). Coincide con il sorgere e con l’organizzarsi
delle università e con la crescente attività culturale dei due nuovi ordini religiosi dei
francescani e dei domenicani, ma dipende essenzialmente dalla « scoperta di
Aristotele », e cioè più esattamente dalla conoscenza delle opere di fisica,
metafisica ed etica del filosofo greco, prima nella rielaborazione dei grandi
commentatori arabi (Averroè, Avicenna) e poi in traduzioni dirette. L’aristotelismo
penetrò soprattutto nell’università di Parigi, invano contrastato dalle interdizioni dei
concili e dei pontefici. Mentre i francescani restarono sostanzialmente fedeli alla
tradizione platonico-agostiniana e respinsero Aristotele, i domenicani affrontarono
l’aristotelismo, lo liberarono dalle sovrastrutture neoplatoniche accolte dai
commentatori arabi e lo integrarono con uno sforzo speculativo poderoso nel
patrimonio culturale dell’ortodossia cristiana. I maestri della scolastica domenicana
furono sant’Alberto Magno e san Tommaso d’Aquino: il primo fornì al maggiore
ingegno filosofico del secondo i materiali per l’elaborazione di una sintesi armonica
fra eredità del pensiero classico e dottrina cristiana. Gli stessi due maggiori
rappresentanti del misticismo francescano, Alessandro di Hales e san Bonaventura
da Bagnorea, risentirono, pur rimanendo fedeli alla linea dottrinaria platonico-
agostiniana, degli stimoli fecondi dell’aristotelismo.
• Dissoluzione della scolastica (secc. XIV-XV). È preferibile parlare di «
dissoluzione » piuttosto che di « decadenza » perché, se in quest’epoca venne
approfondito il solco fra ragione e fede e negata la possibilità del compito che
costituiva la stessa ragion d’essere della filosofia scolastica, queste posizioni non
implicarono affatto una diminuzione del vigore speculativo. L’averroismo latino