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(Sigieri di Brabante) respinse la conciliazione tomistica e si collocò fuori del
cristianesimo. Per Duns Scoto le verità di fede non erano da discutere razionalmente
e rientravano tutte nella sfera dei « credibili ». Guglielmo di Occam infine derivò
dal suo nominalismo l’avversione alla metafisica e la predilezione per i dati
dell’esperienza immediata, anticipando già alcuni tratti del pensiero moderno.
• La seconda scolastica. Viene indicato con questa espressione il pensiero
filosofico-teologico cattolico del periodo compreso fra i secc. XV e XVII,
caratterizzato dall’affermarsi sempre più incontrastato e dal trionfo definitivo del
tomismo. Già prima del concilio di Trento avevano avuto larga eco i commenti di
Tommaso de Vio (« il Caetano ») e di Francesco da Vitoria. Con il consolidarsi
della Riforma cattolica il tomismo venne rielaborato con indipendenza e con
originalità dai grandi interpreti gesuiti (Molina, Bellarmino, Lessio, Mariana,
Suárez, ecc.) e domenicani. L’isolamento artificioso dai problemi del pensiero
moderno fece tuttavia maturare rapidamente una nuova crisi della scolastica che, già
molto evidente nella seconda metà del XVII sec., durò fino al sorgere della
neoscolastica nella forma prevalente del neotomismo* nel XIX sec.
Bibliogr.: I testi degli autori della S. sono raccolti nella Patrologia Latina di J. P.
Migne, 217 voll., Parigi 1844-1855; Patrologia graeca, sempre a cura di J. P.
Migne, 168 voll., Parigi 1857-1866; per lo sviluppo storico della S. fondamentale è
M. Grabmann, Die Geschichte der scholastischen Methode, Friburgo 1909-1911.
Molto importanti anche le seguenti storie della filosofia medioevale: M. De Wulf,
Histoire de la philosophie médiévale, Lovanio 1947 (trad. it.: 3 voll., Firenze 1949-
1957); E. Bréhier, La philosophie au Moyen Âge, Parigi 1947 (trad. it.: Torino
1952); E. Gilson, La philosophie au Moyen Âge, des origines patristiques à la fin
du XIVe siècle, Parigi 1952 (trad. it.: Firenze 1972); C. Vasoli, La filosofia
medievale, Milano 1961.
SCOMMESSA di Pascal. Argomento usato da Pascal in favore della fede cristiana.
Esso si trova esposto nei Pensieri*. Poiché la ragione non è in grado di produrre
prove decisive sulla questione della esistenza o inesistenza di Dio, scommettere
diventa legittimo, « dal momento che bisogna di necessità scegliere ». Ora, chi punta
sulla esistenza di Dio mette come posta solo la propria ragione, visto che le verità
della religione non sono razionali, e la propria libertà, nel senso che questa sarà
vincolata dalle particolari obbligazioni imposte dalla religione. Rispetto alla infinità
del premio, la posta è assolutamente insignificante. « Ogni giuocatore rischia con
certezza per vincere con incertezza; e nondimeno rischia con certezza il finito per
vincere con incertezza il finito, senza peccare contro la ragione … » Tanto più
conforme a ragione sarà allora lo scommettere, « quando si rischia il finito in un
giuoco in cui le probabilità di vincere e di perdere sono simili e in cui si può vincere
l’infinito ». All’argomento sono state mosse molte obiezioni: taluni negano la
premessa, che l’esistenza di Dio non sia razionalmente dimostrabile, altri più
sottilmente fanno rilevare che la riduzione della posta a un valore insignificante
presuppone in qualche modo la realtà del premio infinito, e così la fede
precederebbe la scommessa, che è chiamata a fondarla.