Page 759 - Dizionario di Filosofia
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senso  comune  »  da  Reid  e  dalla  scuola  scozzese.  Dalle  cattedre  di Aberdeen,  di

          Glasgow  e  di  Edimburgo  portarono  avanti  un  discorso  più  o  meno  direttamente
          ispirato  a  tali  premesse  J.  Beattie,  J.  Oswald,  A.  Ferguson  e  D.  Stewart,  che  è
          considerato il secondo caposcuola. Il terzo fu W. Hamilton, che rielaborò nell’età
          romantica alcune posizioni tipiche della scuola. Questa entrò in crisi nella seconda
          metà del XIX sec., sotto l’influenza del pensiero tedesco.

          Bibliogr.: J. Mac Cosh, The Scottish philosophy, biographical, expository, critical,
          from  Hutcheson  to  Hamilton,  Londra  1875;  F,  Restaino, Scetticismo  e  senso
          comune. La filosofia scozzese da Hume a Reid, Bari 1974.
          SEBONDE o SEBUNDE (Raimondo). V. RAIMONDO SEBUNDE.

          SECONDARIE (QUALITÀ), V. PRIMARIO e QUALITÀ.
          SECRÉTAN  (Charles),  filosofo  svizzero  di  lingua  francese  (Losanna  1815-1895).
          Discepolo di  Schelling a  Monaco nel 1836, nel 1837 fondò la Revue suisse e nel

          1838 ottenne la cattedra di filosofia presso l’Accademia di Losanna. Il suo pensiero
          deriva  da  un  innesto  dei  motivi  dell’ultimo  Schelling  sul  tronco  della  filosofia
          dell’interiorità  di  tradizione  francese  e  costituisce  un  momento  importante  nella
          formazione del personalismo*. Opere principali: La filosofia di Leibniz (1840), La
          filosofia della libertà  (1848-1849), Ricerche sul metodo  (1857), La ragione e il
          cristianesimo (1863), Studi sociali  (1889), I diritti dell’umanità (1890), Saggi di
          filosofia e letteratura (postuma, 1896).

          secundum  quid,  loc.  lat.  che  significa secondo  un  certo  aspetto,  in  uso  nella
          scolastica medievale per indicare che un termine è assunto in senso restrittivo, in
          contrapposizione  a simpliciter,  che  si  dice  invece  di  un  termine  preso  in  senso
          assoluto (esempio: « l’uomo è perfetto secundum quid; Dio è perfetto simpliciter »).

          [Il  passaggio  da  una  premessa secundum  quid  a  una  conclusione simpliciter
          costituisce un sofisma.]
          SEGNO. Un segno, nel senso più generale della parola, è un oggetto che ha la funzione
          di richiamarne un altro. Il filosofo americano Ch. Morris, dopo aver osservato che
          non c’è nessun essere vivente che si serva di segni quanto l’uomo, aggiunge tuttavia
          che il « comportamento segnico » non è esclusivo della specie umana: quando un

          animale cerca riparo perché ha visto in cielo una nuvola nera, interpreta anche lui
          una cosa come segno di un’altra. L’uomo ha comunque elaborato un universo di segni
          di straordinaria complessità e in tale universo occupa un posto di particolare rilievo
          il linguaggio, parlato e scritto. La civiltà umana, dice ancora Ch. Morris, riposa su
          segni  e  su  sistemi  di  segni,  «  ove  non  si  debba  addirittura  ammettere  che  essa
          consista in tale funzionamento ». L’identificazione di ciò che si chiama « mente » o «

          ragione » con l’attività segnica è una delle tendenze dominanti della filosofia e della
          psicologia  contemporanee.  Una  categoria  speciale  di  segni  sono  da  considerare  i
          simboli, nei quali esiste un particolare rapporto analogico con l’oggetto designato. Si
          è  ormai  imposta  nello  studio  dei  segni  e  della  funzione  simbolica  in  genere  la
          terminologia  usata  dal  Morris.  Il  processo  per  cui  qualcosa  funziona  come  segno
          viene  chiamato semiosi. La semiosi implica la correlazione di quattro elementi: il
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