Page 748 - Dizionario di Filosofia
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L’estetica  di  Schleiermacher,             in Ultimi  saggi,  Bari  1935;  G.  Vattimo,

          Schleiermacher  filosofo  dell’interpretazione,  Milano  1968;  R.  B.  Brant, The
          philosophy  of  Schleiermacher.  The  development  of  his  theory  of  scientific  and
          religious knowledge, New Haven 1968.
          SCHLICK  (Moritz),  filosofo  tedesco  (Berlino  1882  -  Vienna  1936).  Dopo  essersi

          laureato con Planck nel 1904, alternò gli studi di fisica a quelli di epistemologia.
          Chiamato  alla  cattedra  di  filosofia  della  scienza  presso  l’università  di  Vienna
          (1922), fu il promotore e l’animatore del circolo di Vienna. Morì assassinato da uno
          studente,  che  probabilmente  volle  punirlo  per  la  sua  opposizione  all’Anschluss
          dell’Austria  con  la  Germania  nazista.  Gli  scritti  di  etica  testimoniano  una  grande
          ricchezza di interessi umani e un esuberante amore della vita. Come filosofo della
          scienza  lo  Schlick  condivide  i  presupposti  fondamentali  del  neopositivismo:  la

          filosofia  coincide  con  l’analisi  del  linguaggio,  le  proposizioni  non  verificabili
          secondo criteri ben definiti sono « insignificanti », la scienza poggia su enunciati che
          hanno per oggetto solo cose o proprietà osservabili di cose.  Opere principali: La
          saggezza. Saggio di una teoria della felicità  (1908), Il significato filosofico del
          principio di relatività (1915), Spazio e tempo nella fisica contemporanea (1917),
          Teoria generale della conoscenza (1918), Questioni di etica (1930). Postumi sono

          stati pubblicati una raccolta di saggi (1938) e i volumi Filosofia della natura (1948)
          e Natura e civiltà (1952).
          SCHOPENHAUER  (Arthur),  filosofo  tedesco  (Danzica  1788  -  Francoforte  sul  Meno
          1860). Figlio di un banchiere e della scrittrice Johanna Schopenhauer, viaggiò con i
          genitori  per  tutta  l’Europa.  Dopo  la  morte  del  padre  (1805)  riprese  gli  studi

          interrotti,  frequentò  le  lezioni  di  Schulze  a  Gottinga  (1809)  e  quelle  di  Fichte  a
          Berlino  (1811),  concependo  fin  da  allora  un’avversione  non  semplicemente
          dottrinaria per i maestri dell’idealismo classico tedesco (Fichte, Schelling, Hegel),
          che qualificò più tardi come « i tre ciarlatani ». Nel 1813 ottenne a Jena la « licentia
          docendi  »  con  uno  scritto Sulla  quadruplice  radice  del  principio  di  ragion
          sufficiente.  Nel  1818  pubblicò  nell’indifferenza  generale  il  suo  capolavoro, Il

          mondo  come  volontà  e  rappresentazione*.  Dal  1820  al  1831  tentò  più  volte  di
          tenere  corsi  liberi  a  Berlino,  trovando  sempre  scarsissima  udienza.  Ferito
          nell’orgoglio  e  incapace  di  contrastare  il  successo  a  suo  giudizio  immeritato  di
          Hegel,  abbandonò  l’insegnamento  e  si  ritirò  a  vivere  a  Francoforte  (1831).  Qui
          pubblicò,  fra  l’altro: Sulla  volontà  nella  natura                (1836), I  due  problemi
          fondamentali dell’etica  (1841),  la  ristampa  arricchita  del Mondo come volontà e
          rappresentazione (1844) e Parerga e paralipomena* (1851), una raccolta di saggi

          che  ebbe  molto  successo  e  la  cui  pubblicazione  segnò  l’inizio  della  scoperta  di
          Schopenhauer da parte della cultura tedesca e soprattutto dei giovani, inclini ormai
          al  pessimismo  dopo  la  caduta  delle  grandi  speranze  di  rinnovamento  politico e
          morale, suscitate dagli eventi del 1848. Schopenhauer deriva da Kant la distinzione
          di fenomeno* e noumeno*. Il primo si esaurisce nel suo essere « rappresentazione »
          di  un  soggetto:  se  per  ipotesi  tutti  i  soggetti  scomparissero,  il  mondo  delle

          rappresentazioni cesserebbe di essere con loro. Nella rappresentazione il contenuto
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