Page 744 - Dizionario di Filosofia
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Scheler  dalla  fenomenologia  alla  sociologia,  Torino  1952;  M.  Dupuy, La
          philosophie de M. Scheler, son évolution et son unité, Parigi 1959; E. W. Ranly,
          Scheler’s phenomenology of community, L’Aia 1966.
          SCHELLING  (Friedrich  Wilhelm  Joseph VON),  filosofo  tedesco  (Leonberg,

          Württemberg, 1775 - Bad Ragaz, Svizzera, 1854). Studiò nel seminario protestante
          di Tubinga, dove ebbe come condiscepoli Hegel e Hölderlin. Il fascino di un ingegno
          eccezionalmente precoce gli procurò la protezione e l’amicizia di Goethe, di Fichte e
          di molti fra i rappresentanti più significativi della cultura romantica. Su proposta di
          Goethe ebbe nel 1798 una cattedra all’università di Jena, dove collaborò prima con
          Fichte,  sostituendolo  quando  questi,  accusato  di  ateismo,  dovette  lasciare
          l’insegnamento. Nel 1803 passò a Würzburg, dove rimase fino al 1806.

          Nel  1806  lasciò  l’insegnamento  per  assumere  l’incarico  di  segretario
          dell’Accademia  delle  scienze  di  Monaco  di  Baviera.  Frattanto,  nel  1807,  uscì  la
          Fenomenologìa di Hegel, con critiche piuttosto pesanti alla filosofia dell’amico. In
          seguito, dal 1820 al 1826, insegnò a Erlangen, quindi fece ritorno a Monaco, prima
          come professore e poi come presidente dell’Accademia reale. Nel 1841 fu chiamato
          a Berlino da Federico Guglielmo IV, che voleva fare della cattedra di Schelling un

          contraltare alle pericolose inquietudini dei giovani hegeliani. Ma il vecchio filosofo
          non ebbe successo e dovette ritirarsi in seguito alle controversie, anche giudiziarie,
          sorte dopo la pubblicazione da lui non autorizzata delle Lezioni sulla filosofia della
          mitologia e della rivelazione. I suoi scritti più importanti sono: Sulla possibilità di
          una forma della filosofia in generale (1795), Dell’Io come principio della filosofia
          (1795), Lettere  filosofiche  sul  dogmatismo  e  il  criticismo  (1796), Idee  per  una
          filosofia  della  natura  (1797), Primo  abbozzo  di  un  sistema  di  filosofia  della

          natura*  (1799), Sistema  dell’idealismo  trascendentale*  (1800), Bruno,  o  Sul
          principio  naturale  e  divino  delle  cose  (1802), Lezioni  sul  metodo  dello  studio
          accademico (1803), Filosofia e religione (1804), Ricerche filosofiche sull’essenza
          della  libertà  umana  (1809), Filosofia  della  mitologia  (1842), Filosofia  della
          rivelazione (1854).
          L’evoluzione (che per alcuni interpreti è una involuzione) del pensiero di Schelling

          nel corso di più di mezzo secolo rende necessaria la distinzione di varie fasi. In un
          primo  momento  (fra  il  1792  e  il  1799)  Schelling,  che  esordì  come  seguace
          entusiastico  e  fedele  commentatore  di  Fichte,  affermò  la  propria  originalità
          immettendo nella natura, che nel pensiero del maestro era solo il limite dell’io, i
          fermenti romantici di una vitalità autonoma e prorompente. Suggestionato dalle nuove
          scoperte fatte dalla scienza nel campo della chimica, della biologia, dei fenomeni
          elettrici e magnetici, e sotto l’influsso della lettura di Spinoza, Schelling pervenne al

          concetto  dell’Assoluto  come identità  di  io  e  natura.  La  natura  è  «  spirito
          addormentato », emergente di grado in grado alla conquista della coscienza di sé. E
          come lo spirito è presente con diversa evidenza in tutte le manifestazioni della realtà
          naturale, che si caratterizza attraverso il contrasto di forze polarmente opposte, così
          si deve riconoscere che la natura è annidata in ogni momento della vita dello spirito.
          L’assoluto  come  identità  non  può  essere  colto  dal  pensiero  razionale,  bensì  solo
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