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per  la  ricerca  della  verità),  le  più  antiche  formulazioni  rigorose  del  primo  vanno

          ricercate in Pirrone e nella sua scuola (secc. IV-III a.C.). Dalla dimostrazione della
          impossibilità  di  una  non  illusoria  certezza  derivano  sul  piano  del  comportamento
          alcuni  atteggiamenti  tipici  del  saggio  scettico,  come  la  sospensione  del  giudizio
          (epoché), la rinuncia a esprimere opinioni (afasia), l’indifferenza di fronte a tutte le
          alternative (adiaforia) e la connessa imperturbabilità (atarassia). Più che i sofisti (i
          quali  di  fatto  non  negavano  l’esistenza  di  un  criterio  di  verità,  ma  al  più  ne

          sottolineavano  il  carattere  mutevole  e  soggettivo),  gli  scettici  dell’età  ellenistica
          riconoscevano come loro precursori i seguaci della scuola di Megara, che avevano
          acutamente individuato alcuni casi esemplari di antinomie insolubili. Nel II sec. a.C.
          lo  scetticismo  fu  l’atteggiamento  dominante  nell’ambito  dell’Accademia  platonica
          (Terza o Nuova accademia), per lo più nella forma attenuata del probabilismo. Infine
          fra il I sec. a.C. e il II sec. d.C. lo scetticismo greco ritornò alle formulazioni radicali
          di Pirrone, soprattutto per opera di Enesidemo, di Agrippa e di Sesto Empirico. Tra

          gli  intellettuali  romani  dei  primi  secoli  dell’Impero  lo  scetticismo,  per  lo  più  in
          forme attenuate e combinato ecletticamente con altre dottrine, fu largamente diffuso e
          la sua vitalità era ancora forte ai tempi di sant’Agostino, che si sentì impegnato a
          combatterlo e a confutarlo. Alle origini della filosofia moderna posizioni scettiche
          più o meno conseguenti furono sostenute da Montaigne, da F. de La Mothe Le Vayer
          (1588-1672)  da  F.  Sanches.  Il  «  dubbio  metodico  »  venne  introdotto  da  Cartesio

          anche  in  risposta  alle  loro  conclusioni,  in  fondo  come  una  variante  del  classico
          argomento contro lo scetticismo (l’assunzione del dubbio universale si capovolge in
          certezze, come quella della realtà del dubbio, o dell’esistenza della mente che dubita
          e  simili).  Montaigne  aveva  ritenuto  per  parte  sua  di  potersi  sottrarre  alla  forza
          dell’argomento  rifiutando  ogni  presa  di  posizione  definitiva  e  rimanendo  sospeso
          nella invalicabile perplessità del « che so? ». La professione di scetticismo di uno
          dei più grandi filosofi moderni, lo Hume, va considerata con molta cautela. Essa non

          si  conclude  con  l’abbandono  e  la  rinuncia,  ma  implica  positivamente  l’avvertita
          consapevolezza  dei  limiti  della  ragione  umana,  il  senso  della  realtà,  l’esigenza
          scientifica della verifica costante, il riconoscimento della partecipazione all’attività
          conoscitiva degli istinti, delle abitudini e delle passioni di cui è intessuta la « natura
          umana ». La tesi che il criticismo di  Kant fosse una variante « sofisticata » dello

          scetticismo  fu  sostenuta  in  Italia  tra  gli  altri  dal  Soave  e  dal  Romagnosi,  e  con
          particolare  insistenza  da  Galluppi,  Rosmini  e  Gioberti.  Una  tale  interpretazione
          trascura proprio i motivi più originali del pensiero di Kant e rientra nei limiti di una
          prospettiva precritica, mentre le osservazioni molto puntuali dello Schulze, che nel
          suo Enesidemo tentò di ricavare dall’esame delle contraddizioni della gnoseologia
          kantiana la legittimazione di un suo più coerente scetticismo, prepararono la strada al
          superamento  idealistico  del  kantismo.  Nella  filosofia  italiana  del XX  sec.
          l’impossibilità della verità oggettiva e la riducibilità di tutte le asserzioni a labili

          certezze soggettive sono state tesi variamente argomentate da G. Rensi, in polemica
          contro il « trionfalismo » idealistico.
          Bibliogr.:  M.  Dal  Pra, Lo  scetticismo  greco,  Milano  1950;  R.  H.  Popkin, The
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