Page 720 - Dizionario di Filosofia
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inizio  alla  rinascita  intellettuale  stava  incominciando,  dopo  la  straordinaria

          congiuntura del tardo medioevo, un periodo di recessione economica e di ristagno
          tecnologico  (non  a  caso,  ad  es.,  tutte  le  proposte  di  Leonardo,  alcune  delle  quali
          perfettamente  compatibili  col  livello  della  tecnica  del  tempo,  caddero  nel  vuoto).
          Anche  le  considerazioni  ridimensionatrici  di  questa  ispirazione  rientrano  dunque,
          almeno  in  parte,  in  quella  che  lo  studioso  canadese  W.  K.  Ferguson,  autore  di
          un’opera fondamentale sulla storia della nozione di Rinascimento (Il Rinascimento

          nel pensiero storico, 1948), ha chiamato « la rivolta dei medievalisti ». Non solo
          l’amore della vita, la sensualità prorompente e il crescere rigoglioso della « pianta
          uomo » su radici ben affondate nella terra erano atteggiamenti e valori tutt’altro che
          sconosciuti  alla  civiltà  medievale  (Gilson,  Huizinga);  non  solo  la  conoscenza  dei
          classici  latini  e  greci  era  nel  medioevo  tanto  vasta  e  profonda,  che  le  scoperte
          dell’Umanesimo e del Rinascimento si riducono, a guardar bene, a molto poco; ma,
          di più, se c’è un periodo di fervore economico e politico e di libertà intellettuale, al

          quale un certo « mondo moderno » dovrebbe guardare con pietas filiale, questo è il
          medioevo  dei  liberi  Comuni,  dei  mercanti  avventurosi,  dei  rinnovatori  della  vita
          religiosa, dei filosofi spregiudicati e degli intellettuali eretici ed « epicurei ». Una
          delle  conseguenze  più  ovvie  della  demolizione  della  nozione  «  trionfalistica  »  di
          Rinascimento  è  il  declassamento  di  quest’ultimo  a  epoca  di  transizione  fra  il
          medioevo  e  l’età  moderna  propriamente  detta.  Questa  tesi,  accolta  dal  Ferguson,

          comporta  necessariamente  l’estensione  cronologica  dell’età  rinascimentale  fino
          all’epoca della rivoluzione industriale, del deismo, degli inizi del nazionalismo e del
          trionfo della scienza newtoniana, quando si può dire che l’età di transizione finisce e
          comincia il mondo moderno. Il Toynbee, che tende a relegare il Rinascimento in una
          «  italistic  age  »,  la  quale  sarebbe  durata  fino  al  1875,  ha  portato  all’estremo  la
          dilatazione cronologica del Rinascimento, concepito peraltro in tale estensione come
          una delle grandi epoche individuabili dalla « scienza della storia ».

          Che cosa si nasconda dietro queste dispute, quando esse non abbiano una rilevanza
          solo  nominalistica  e  un’ispirazione  puramente  accademica,  è  stato  dimostrato  dal
          Cantimori, quando ha colto nella « rivolta dei medievalisti » un’ispirazione politica
          di  natura  conservatrice  o  addirittura  reazionaria.  In  realtà,  la  consapevolezza  che
          ebbero  gli  uomini  del  Rinascimento  di  essere  attori  e  spettatori  di  un’opera  di

          recupero e di rinnovamento era tutt’altro che illusoria. Così, a titolo di esempio, non
          pare corretto non distinguere il « culto dei classici » dei dotti medievali da quello
          degli umanisti. Dice il Garin, a proposito della crisi della fisica di Aristotele e della
          cosmologia  tolemaica: « Solo la conquista del senso dell’antico come senso della
          storia  …  permise  di  valutare  quelle  teorie  per  ciò  che  esse  erano  davvero:
          pensamenti di uomini … non oracoli della natura o di Dio, rivelati da Aristotele o da
          Averroè ». Quanto alla passionalità e « terrestrità » degli uomini del medioevo resta
          fondamentale l’osservazione dello Chabod, che la questione non sta nel decidere se

          nel medioevo si siano amate le donne, apprezzati i beni della vita, operate scelte
          politiche realistiche e spregiudicate: che questo sia accaduto è pacifico. Ma l’uomo
          del  medioevo  (e  qui  sta  la  «  rivoluzione  »  rinascimentale)  «  non  ha  mai  osato
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