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all’interpretazione della religione come forma aurorale di conoscenza del mondo, si
sviluppa l’altra della radice pratica dell’esperienza religiosa. Già la tesi di Evemero
di Messina (del resto già presente nella sofistica più antica), secondo la quale la
religione è il risultato della divinizzazione di individui illustri, benemeriti del genere
umano, implica almeno tendenzialmente l’assunzione di una tale premessa. Primus in
orbe deos fecit timor (« Fu la paura la prima a creare gli dei nel mondo »): questa
affermazione perentoria, attribuita da alcuni a Petronio, da altri a Stazio, può valere
come sintesi emblematica di tutte le teorie sull’origine pratico-emotiva della
religione. I bisogni insoddisfatti, la precarietà dell’esistenza e il mistero angoscioso
del dolore e della morte troverebbero nella religione una risposta compensatrice:
considerazioni di questo tipo si trovano in filosofi come Hobbes, Hume, Voltaire,
Dewey, in molti studiosi delle culture primitive come il Robertson Smith, il Frazer,
il Malinowski, in storici non ortodossi del cristianesimo come il Loisy. Sulla stessa
linea si colloca l’interpretazione della religione desumibile dagli scritti di Freud.
Per Bergson la « funzione fabulatrice », sorgente dei miti religiosi, è lo strumento
mediante il quale la natura difende l’uomo dal potere dissolvente dell’intelligenza.
M. Weber, studiando la psicologia sociale delle grandi religioni mondiali, coglieva
in tutte (e non solo nel cristianesimo riformato) la tendenza « a fornire la teodicea
della buona fortuna a quelli che sono fortunati ». Il rifiuto radicale della religione
come prevaricazione delle classi dominanti e come « inganno » dei sacerdoti ha pure
una sua lunga storia, da Crizia al pensiero libertino, ad alcune punte estreme della
filosofia del Settecento, a Nietzsche. Non è mancato chi ha messo l’accento sugli
aspetti negativi dell’azione compensatrice della religione, sia dal punto di vista dei
rapporti dell’uomo con il mondo, sia da quello dell’equilibrio interiore. La « paura
degli dei » era uno dei quattro mali che la filosofia di Epicuro si proponeva di
combattere, e allo stesso modo non poche scuole psicologiche vedono nelle
interdizioni religiose e nel senso di colpa che accompagna la violazione di esse un
supplemento inutile ai molti motivi di tensione e di angoscia, dai quali l’uomo è
travagliato. In un mondo nel quale fioriscono le ideologie libertarie, la denuncia
della repressione e la lotta contro i tabù, non si deve dimenticare che il tabù è alla
sua origine un’istituzione tipicamente religiosa. La funzione alienante della religione,
che estrania l’uomo da se stesso e devia il proletariato dai suoi compiti storici, è
messa in luce da Feuerbach e da Marx, il quale ultimo tuttavia riconosceva pure alla
religione il valore di riflesso della miseria reale e la funzione di protesta, al livello
dell’ideologia, contro tale miseria.
REMINISCENZA. V. ANAMNESI.
RENOUVIER (Charles), filosofo francese (Montpellier 1815 -Prades, Pirenei
Orientali, 1903). Nel 1831 fu a Parigi, dove frequentò l’ambiente dei seguaci di
Saint-Simon e studiò matematica alla Scuola politecnica (1834-1836). Si dedicò poi
agli studi di filosofia, pubblicando un Manuale di filosofia moderna (1842) e un
Manuale di filosofia antica (1844). Delle sue simpatie per la rivoluzione del 1848
reca testimonianza il Manuale repubblicano dell’uomo e del cittadino (1851).
Dopo il colpo di Stato bonapartista (1851) visse appartato, sviluppando i temi più