Page 711 - Dizionario di Filosofia
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all’interpretazione della religione come forma aurorale di conoscenza del mondo, si

          sviluppa l’altra della radice pratica dell’esperienza religiosa. Già la tesi di Evemero
          di  Messina (del resto già presente nella sofistica più antica), secondo la quale la
          religione è il risultato della divinizzazione di individui illustri, benemeriti del genere
          umano, implica almeno tendenzialmente l’assunzione di una tale premessa. Primus in
          orbe deos fecit timor (« Fu la paura la prima a creare gli dei nel mondo »): questa
          affermazione perentoria, attribuita da alcuni a Petronio, da altri a Stazio, può valere

          come  sintesi  emblematica  di  tutte  le  teorie  sull’origine  pratico-emotiva  della
          religione. I bisogni insoddisfatti, la precarietà dell’esistenza e il mistero angoscioso
          del dolore e della morte troverebbero nella religione una risposta compensatrice:
          considerazioni di questo tipo si trovano in filosofi come Hobbes, Hume, Voltaire,
          Dewey, in molti studiosi delle culture primitive come il Robertson Smith, il Frazer,
          il Malinowski, in storici non ortodossi del cristianesimo come il Loisy. Sulla stessa
          linea si colloca l’interpretazione della religione desumibile dagli scritti di  Freud.

          Per Bergson la « funzione fabulatrice », sorgente dei miti religiosi, è lo strumento
          mediante il quale la natura difende l’uomo dal potere dissolvente dell’intelligenza.
          M. Weber, studiando la psicologia sociale delle grandi religioni mondiali, coglieva
          in tutte (e non solo nel cristianesimo riformato) la tendenza « a fornire la teodicea
          della buona fortuna a quelli che sono fortunati ». Il rifiuto radicale della religione
          come prevaricazione delle classi dominanti e come « inganno » dei sacerdoti ha pure

          una sua lunga storia, da Crizia al pensiero libertino, ad alcune punte estreme della
          filosofia del  Settecento, a  Nietzsche.  Non è mancato chi ha messo l’accento sugli
          aspetti negativi dell’azione compensatrice della religione, sia dal punto di vista dei
          rapporti dell’uomo con il mondo, sia da quello dell’equilibrio interiore. La « paura
          degli  dei  »  era  uno  dei  quattro  mali  che  la  filosofia  di  Epicuro  si  proponeva  di
          combattere,  e  allo  stesso  modo  non  poche  scuole  psicologiche  vedono  nelle
          interdizioni religiose e nel senso di colpa che accompagna la violazione di esse un

          supplemento  inutile  ai  molti  motivi  di  tensione  e  di  angoscia,  dai  quali  l’uomo  è
          travagliato.  In  un  mondo  nel  quale  fioriscono  le  ideologie  libertarie,  la  denuncia
          della repressione e la lotta contro i tabù, non si deve dimenticare che il tabù è alla
          sua origine un’istituzione tipicamente religiosa. La funzione alienante della religione,
          che estrania l’uomo da se stesso e devia il proletariato dai suoi compiti storici, è

          messa in luce da Feuerbach e da Marx, il quale ultimo tuttavia riconosceva pure alla
          religione il valore di riflesso della miseria reale e la funzione di protesta, al livello
          dell’ideologia, contro tale miseria.
          REMINISCENZA. V. ANAMNESI.
          RENOUVIER  (Charles),  filosofo  francese  (Montpellier  1815  -Prades,  Pirenei

          Orientali,  1903).  Nel  1831  fu  a  Parigi,  dove  frequentò  l’ambiente  dei  seguaci  di
          Saint-Simon e studiò matematica alla Scuola politecnica (1834-1836). Si dedicò poi
          agli  studi  di  filosofia,  pubblicando  un Manuale di filosofia moderna (1842) e un
          Manuale di filosofia antica (1844). Delle sue simpatie per la rivoluzione del 1848
          reca  testimonianza  il Manuale  repubblicano  dell’uomo  e  del  cittadino  (1851).

          Dopo il colpo di Stato bonapartista (1851) visse appartato, sviluppando i temi più
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