Page 701 - Dizionario di Filosofia
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conosce direttamente solo se stesso e non i corpi esterni, ma questa tesi va integrata
con l’affermazione che l’uomo prende coscienza del proprio corpo attraverso
l’esperienza specifica del sentimento. L’idealismo di Berkeley attribuisce un
privilegio realistico al tatto, nel senso che le sensazioni di resistenza e di durezza
possiedono un valore di informazione reale, del quale sono prive le idee derivate da
sensazioni visive. Anche Kant concepisce la molto discussa cosa in sé come
un’entità realmente esistente, causa e principio delle nostre sensazioni. Se è vero che
l’attività dell’io ordina il mondo, è anche vero che un tale processo presuppone
qualcosa di preesistente alla conoscenza, una materia indeterminata, ma non per
questo meno reale: la sensazione, da cui muove l’attività conoscitiva, attesta che essa
c’è, anche se non possiamo sapere quello che è. Così anche Fichte definisce «
realistica » la sua Dottrina della scienza, osservando che essa prova l’impossibilità
di spiegare la coscienza delle nature finite senza ammettere « una forza indipendente
a essa opposta ». E d’altra parte in Kant e in Fichte il realismo emerge ancora più
nettamente sul terreno dell’attività pratica. « È nell’azione, dice Fichte, che noi
apprendiamo che il mondo esiste ». La tensione della volontà in Kant e l’esperienza
dello sforzo in Fichte ci pongono a contatto col mondo reale in se stesso. La tesi che
l’essere, inaccessibile alla rappresentazione, diventi tangibile attraverso l’azione,
ricompare più tardi anche nel positivismo del Comte, nel pragmatismo di W. James e
nell’esistenzialismo di Sartre.
Le manifestazioni del realismo contemporaneo hanno tutte in comune la
consapevolezza che la lunga disputa tra realismo e idealismo (o soggettivismo) è in
larga misura il risultato di un problema mal posto. Il soggetto è una funzione, non una
sostanza; l’errore sta nell’intenderlo come un’entità autonoma e separabile, e non
come « limite del mondo » (Wittgenstein) o come « puro essere esistente in quanto
trascendenza del mondo » (Heidegger). Rientrano nel realismo ormai liberato dalla
puntigliosa polemica con il suo antagonista tradizionale, la fenomenologia, che in
Husserl aveva il carattere idealistico di « scienza di essenze », ma che nella cultura
contemporanea corrisponde piuttosto a un metodo generale di osservazione e di
descrizione obiettiva; il positivismo logico (Wittgenstein dice nel Tractatus logico-
philosophicus che « la proposizione è l’immagine della realtà »); tutte le filosofie
variamente legate ai procedimenti della scienza; il marxismo, del quale va detto che
la teoria della coscienza-riflesso va messa in correlazione con il motivo della
prassi, della conoscenza-azione impegnata a modificare il mondo e a verificare nel
concreto dell’attività la verità delle idee che la guidano.
• Nel campo delle arti si può distinguere, in generale, tra un realismo propriamente
descrittivo, inteso a rappresentare il più fedelmente e minutamente possibile la vita
circostante, e un realismo legato a una concezione immanente della realtà, svincolata
da premesse metafisiche.
Nell’Ottocento, alla dottrina che, per sostenere l’oggettività nella rappresentazione
della vita, si fondava sulla filosofia positivistica e sul darwinismo, si preferì in
Francia applicare la denominazione di naturalismo e in Italia quella di verismo.
La discussione sul realismo ha assunto un significato nuovo e costruttivo in anni