Page 694 - Dizionario di Filosofia
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raggruppamenti  di  somiglianze  o  per  somiglianze  di  rapporti.  Quest’ultima  è

          considerata da alcuni come il procedimento fondamentale per la costruzione delle
          ipotesi e dei modelli nella ricerca scientifica.
          RAGIONE. Nel suo senso più generale è un procedimento specifico di conoscenza dei
          fatti, di valutazione delle situazioni e di guida della condotta.

          Storicamente  i  tratti  di  questa  specificità  sono  stati  individuati  in  vari  modi:  la
          ragione  si  distingue  dalle  semplici  associazioni  di  idee  e  dall’istinto,  oltrepassa
          l’immediatezza  dell’opinione,  sottopone  a  verifica  le  verità  ricevute,  raggiunge,  a
          differenza di tutti gli altri procedimenti, l’universalità, imponendo interpretazioni e
          criteri di comportamento che non possono non essere condivisi da tutti. La filosofia
          greca  fin  dalle  origini  ha  insistito  sulla  contrapposizione  tra  opinione  e  ragione,
          invitando l’uomo a diffidare dei sensi: dell’« occhio che non vede e dell’orecchio
          che  rimbomba  »,  come  è  detto  in  un  frammento  di  Parmenide.  L’uomo  è  infatti

          pigramente  affezionato  ai  sentieri  più  familiari  dell’opinione,  e  il  compito  del
          filosofo-educatore,  come  Socrate,  consiste  nello  smascherare  la  presunzione  delle
          certezze non meditate e nel fare gli uomini davvero « persuasi », attraverso la tecnica
          della ragione rappresentata dall’interrogare e dal rispondere. Per gli stoici l’uomo
          differisce dagli altri viventi appunto perché, partecipe com’è del logos universale,

          trova  nella  ragione  una  guida  ben  più  duttile  e  sapiente  dell’istinto  animale.  La
          tradizione neoplatonica, che si prolunga anche nella scolastica, subordina la ragione
          all’intelletto: l’intelletto divino decade a ragione nell’atto in cui forma e organizza il
          mondo. Anche  sul  piano  della  psicologia  umana  l’intelletto  rappresenta  la  facoltà
          suprema  della  visione  mentale,  mentre  la  ragione  è  condannata  dalla  sua  minore
          perfezione  al  cammino  tortuoso  del  procedimento  discorsivo.  Con  Cartesio  la
          ragione, intesa come « capacità di ben giudicare e di distinguere il vero dal falso » e
          identificata con un « buon senso » universalmente diffuso, si prepara ad assumere la

          funzione di strumento di liberazione dal pregiudizio e dal peso dell’autorità e della
          tradizione.  In  tale  veste  essa  diviene  la  protagonista  della  cultura  illuministica  e
          finisce  per  essere,  nel  corso  della  Rivoluzione  francese,  perfino  deificata  e  fatta
          oggetto di un nuovo culto, sostitutivo delle vecchie superstizioni religiose. Nel clima
          illuministico  si  muove  anche  Kant,  per  il  quale  tuttavia  il  compito  filosofico

          fondamentale  è  quello  di  portare  la  ragione  davanti  al  suo  proprio  tribunale,  allo
          scopo di determinare i limiti di essa e di valutare la legittimità delle sue pretese.
          Questa « critica » della ragione, come è noto, mentre dimostra l’impossibilità della
          metafisica come scienza, attesta anche che la ragione nel suo uso pratico determina
          incondizionatamente il fine in sé della volontà. Con Hegel la ragione « si riconcilia »
          con la realtà, nel senso che il suo compito non è più quello di fornire modelli del
          mondo come dovrebbe essere, ma di intendere e di giustificare il mondo com’è. La

          identificazione di ragione e realtà non implica d’altra parte l’adattamento quietistico
          al fatto compiuto. Individuando la debolezza morale che spesso accompagna l’uso
          della  «  ragione  giustificatrice  »,  il  Croce  raccomanda  di  non  confondere  la
          comprensione  della  razionalità  e  necessità  dell’accaduto  con  la  «  necessità  del
          comodo proprio ».  Heidegger deriva da  Husserl la nozione della ragione come «
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