Page 689 - Dizionario di Filosofia
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QUALITATIVO.  In  opposizione  a  quantitativo,  si  dice  di  ciò  che  per  sua  natura  è

          irripetibile  e  non  qualificabile.  (Si  dicono  anche filosofie  qualitative  quelle  che
          ritengono essenziale tale aspetto della realtà, da altre considerato invece secondario,
          provvisorio, o solo apparente.) Si dice conoscenza qualitativa, la descrizione delle
          determinazioni di un oggetto, senza l’individuazione dei rapporti e delle dipendenze,
          alla quale mira la conoscenza scientifica in senso stretto.

          QUANTIFICARE.  Determinare  l’estensione  di  un  termine  di  una  proposizione,
          designandolo  come  universale  o  particolare;  determinare  la  quantità  logica  di  un
          giudizio.
          QUANTIFICAZIONE.  L’operazione  mediante  la  quale  si  stabilisce  l’estensione  dei
          termini di una proposizione. Nella logica aristotelico-scolastica era quantificato solo

          il  soggetto  e  la  proposizione  era  detta  universale  o  particolare,  a  seconda  che  il
          soggetto fosse preceduto dagli operatori quantificativi « tutti » o « alcuni ».
          Fu  il  filosofo  scozzese  Hamilton  a  proporre,  sulla  scia  del  Bentham,  il  problema
          d e l l a quantificazione  del  predicato.  Va  osservato,  fra  l’altro,  che  tale
          quantificazione  è  spesso  presente,  esplicitamente  o  implicitamente,  nel  linguaggio
          comune  (si  dice,  per  es.,  che  «  Matteo,  Marco,  Luca  e  Giovanni  sono  i soli

          evangelisti »). La quantificazione del predicato, che consente di porre come unico
          criterio di compatibilità fra il soggetto e il predicato la non contraddittorietà, senza
          alcun  riferimento  all’esperienza,  è  un  momento  importante  del  processo  di
          formalizzazione e di matematizzazione della logica moderna.
          QUANTITÀ.  Nella  tradizione  aristotelico-scolastica  la  quantità  è  una  delle  forme
          fondamentali  del  pensiero  e  della  realtà,  e  cioè  una  categoria*,  distinta  da  quelle

          prossime della sostanza e della qualità (Aristotele osserva che la sostanza resta tale,
          quando muta la sua quantità). Nella filosofia dei secc. XVII e XVIII, tra i pensatori
          che  riprendono  la  distinzione  classica  delle  qualità  primarie  (od  oggettive)  e
          secondarie  (o  soggettive),  prevale  la  tendenza  a  intendere  la  quantità  come  una
          qualità  primaria.  Nella  scienza  moderna,  e  nella  filosofia  che  a  essa si  ispira,  il
          problema ontologico della quantità si è convertito in quello della misurabilità delle

          grandezze fisiche.
          •  Per quantità logica di un giudizio si intende, secondo un uso che risale forse al
          neoplatonismo, il carattere universale o particolare di esso. Quando il predicato è
          riferito  a  tutti  gli  elementi  di  una  classe,  si  ha  un  giudizio  universale:  «  Tutti  gli
          uomini sono mortali ». Il giudizio è particolare quando il predicato è riferito solo ad
          alcuni elementi di quella: « Alcuni uomini sono intelligenti ». Kant, riorganizzando
          l’antica classificazione aristotelica, aggiunse come terzo tipo di giudizio in funzione

          della quantità quello individuale.
          QUANTITATIVO.  I  successi  della  scienza  moderna  dipendono  da  una  progressiva
          riduzione  del  qualitativo  al quantitativo  e  sono  segnati  perciò  costantemente  dal
          passaggio  dalla  descrizione  alla  misura.  Così,  per  es.,  la  psicologia  cominciò  a

          costituirsi come scienza nel momento in cui Helmholtz riuscì a misurare la velocità
          degli  impulsi  nervosi  e  Weber  stabilì  una  relazione  quantitativa  tra  stimolo  e
          sensazione.  La  filosofia  ha  spesso  reagito  a  questa  tendenza,  interpretando  come
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