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iniziata dal Peirce, il pragmatismo è solo una metodologia della verità e si riduce
tutto all’affermazione che il significato razionale di un termine coincide con le
concrete esperienze e operazioni rapportabili a quello. Peirce era mosso dalla stessa
avversione per il verbalismo vuoto e per i suoi pseudo-problemi che è stata poi
tipica del positivismo logico e fu così lontano dal consentire alle conseguenze tratte
dal James dalla sua presa di posizione metodologica, da adottare, a scanso di ogni
equivoco, il nuovo termine di pragmaticismo per designare il proprio pensiero.
L’irrazionalismo volontaristico è l’altra faccia del pragmatismo. Secondo James,
poiché non esiste, al di là del sentimento e dei bisogni vitali dell’uomo, alcun
criterio obiettivo della verità, vero è tutto quello che contribuisce ad arricchire la
nostra potenzialità e creatività: la fede verifica se stessa, la credenza produce la
propria giustificazione. Lo strumentalismo* di Dewey è una versione del
pragmatismo assai più sorvegliata e rigorosa. Qui l’accento cade sulla funzione
pratico-vitale dei processi conoscitivi, i quali sono risposte all’insicurezza
esistenziale e si traducono in progetti miranti a rendere l’esperienza meno instabile e
precaria. Quello che in ogni caso il pragmatismo in tutte le sue versioni esclude è
che abbia un qualche senso la nozione di sapere disinteressato, di conoscenza
puramente contemplativa.
Bibliogr.: Testi di autori in: Il Pragmatismo, a cura di A. Santucci, Torino 1970; sul
p. in generale: H. W. Schneider, A history of american philosophy, Nuova York
1946 (trad. it.: Bologna 1963); Ph. P. Wiener, Evolution and the founders of
pragmatism, Cambridge (Mass.) 1949; J. L. Blau, Men and movements in american
philosophy, Nuova York 1952 (trad. it.: Firenze 1957); A. Santucci, Il pragmatismo
in Italia, Bologna 1963; C. Wright Mills, Sociology and pragmatism, Nuova York
1964 (trad. it.: Milano 1968); C. Sini, Il pragmatismo americano, Bari 1972.
Sul pragmatismo e la sua problematica attuale si veda il saggio di A.
Santucci nella I parte di questo Dizionario.
PBAJÑĀ (voce sanscrita). Nella terminologia buddhista, la gnosi. (In alcuni sistemi
tantrici appare personificata divenendo, insieme a Vidyā [« Scienza »], una delle due
spose del Buddha.)
PRAKRTĪ. Voce sanscrita che significa natura e che nel brahmanesimo indica il
substrato eterno che porta in sé i tre principi o guna cui risalgono tutti gli aspetti del
mondo fenomenico. Nella filosofia sāmkhya il termine indica la natura che è ab
aeterno, primo principio indifferenziato che si evolve per una propria legge
immanente, dando origine al mondo fisico e al mondo psichico, secondo una
concatenazione necessaria.
PRAMĀNA. Voce sanscrita che nella filosofia del sistema nyāya indica i quattro mezzi
di conoscenza diretta del reale. (Essi sono la percezione, il ragionamento [induttivo
o deduttivo], la testimonianza, l’analogia.) • Nella terminologia estetica indiana,
nome dato ai rapporti misurabili. (Essi sono considerati espressione di una relazione