Page 673 - Dizionario di Filosofia
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quello che esiste è bene e Dio è causa del male nella sua parte positiva, non però «

          della forma di esso, che consiste nella privazione ».
          PROBABILISMO.  Dottrina  intermedia  fra  il  dogmatismo  e  lo  scetticismo,  nel  senso
          che, pur negando la possibilità della certezza assoluta, essa ammette l’esistenza di
          enunciati di relativa credibilità.  Nella polemica contro gli stoici, che sostenevano

          l’esistenza di un « criterio di verità » assolutamente valido, i filosofi della Nuova
          accademia*  furono  portati  a  temperare,  almeno  nel  campo  delle  scelte  pratiche,
          l’obbligo  scettico  della  «  sospensione  del  giudizio  ».  Così  per  Arcesilao  la
          decisione era possibile in base a una prudente valutazione di ciò che fosse più o
          meno  «  ragionevole  »  (in  gr. éulogon),  mentre  Cameade  sosteneva  che  il  saggio
          dovesse  ripiegare  sul  criterio  del  probabile  o  «  credibile  »  (in  gr. pithanón).  Le
          forme  più  tarde  di  scetticismo  «  moderato  »  hanno  accolto  di  solito  la  linea  del
          probabilismo, come è evidente negli esempi illustri di Montaigne e di Hume.

          Nella cultura contemporanea, dopo la crisi dei concetti di causalità necessaria e di
          determinismo  assoluto,  verificatasi  nel  pensiero  scientifico  intorno  agli  inizi  del
          nostro  secolo,  il  termine  probabilismo  è  usato  per  designare  quella  sorta  di  «
          determinismo imperfetto » che consente di individuare linee di tendenza entro gruppi
          di eventi e di formulare su tale base previsioni probabili.

          PROBABILITÀ. Nella logica di Aristotele, la qualità di ciò che è ritenuto vero dalla
          maggioranza,  o  dai  più  competenti;  secondo  Carneade  e  gli  scettici  della  Nuova
          accademia*, la qualità di ciò che appare vero al soggetto e non è contraddetto da
          altre  rappresentazioni;  nella  logica  moderna,  la  misura  della  possibilità  che  un
          evento si verifichi.

          PROBLEMATICISMO.  Posizione  filosofica  che  nega  la  definitività  di  ogni  risultato
          della  ricerca  e  dell’azione  umana.  Chi  ammette  l’esistenza  di  valori  soprastorici
          assoluti,  e  la  possibilità  che  l’indagine  e  l’operare  umano  pervengano  in  qualche
          modo  ad  adeguarli,  ritiene  anche  necessariamente  che  la  tensione  problematica
          rappresenti un momento transitorio, destinato a concludersi nella quiete appagante
          della soluzione raggiunta. Ma sulla negazione di tale possibilità concordano tutte le

          filosofie  storicistiche  e  immanentistiche,  per  le  quali  ogni  problema  risolto  è  la
          radice di nuove necessarie tensioni. Il riconoscimento della perenne problematicità
          della condizione umana non comporta però di necessità l’assunzione di conclusioni
          scettiche o  nichilistiche.  Secondo  un  celebre  passo  della Logica  del  Croce,  «  i
          problemi ci tormentano e ci debbono tormentare, perché solamente attraverso quelle
          tenebre e quei tormenti si giunge al momentaneo riposo nel vero, e solamente per
          quel risorgere del mistero il riposo non si cangia in ozio, ma opera come ristoro di

          forze per ripigliare l’eterno viaggio ». In questo senso molto generale, in cui entra
          come elemento prevalente il rifiuto della certezza dogmatica, sono riconducibili al
          problematicismo  filosofie  per  altri  aspetti  molto  lontane  fra  loro,  come  il
          materialismo storico, depurato delle interpretazioni più ingenuamente escatologiche,
          lo storicismo del Croce, l’attualismo del Gentile, lo strumentalismo e il pragmatismo
          in genere, ecc. Il termine è tuttavia per lo più usato, nel linguaggio filosofico corrente

          in Italia, nell’accezione più determinata e limitativa conferitagli da Ugo Spirito, il
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