Page 672 - Dizionario di Filosofia
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PRINCIPIO. Ai primordi del pensiero greco il tema fondamentale della ricerca
filosofica fu il principio (in gr. arché) delle cose, nel duplice significato di « inizio
temporale » e di « ragion d’essere » di esse. Platone usò il termine per designare
tanto la causa di un evento, quanto la premessa di una dimostrazione. Aristotele,
sempre attento a mettere ordine là dove si usava « parlare con molti significati »,
elencò nella Metafisica tutte le possibili accezioni di « principio », concludendo che
il termine si applica a ciò che è primo o nell’essere, o nel divenire, o nel conoscere.
Così sono principi la materia e la forma, le premesse noetiche della dimostrazione,
l’incompatibilità dell’affermazione e della negazione relative allo stesso oggetto
(principio di non contraddizione, alla dignità del quale il pensiero medievale elevò
anche quello di identità e quello del terzo escluso, costituendo così la triade
canonica dei principi logici). Nella scolastica fu motivo di aspre controversie la
ricerca del principio di individuazione, vale a dire del fondamento metafisico della
particolarità dell’individuo.
Sempre in uno dei sensi distinti da Aristotele, il termine principio ha designato e
designa nelle trattazioni di impianto sistematico le verità fondamentali da cui il
complesso delle altre proposizioni può essere dedotto. La determinazione di quelle
verità è ovviamente un compito preliminare, ai fini della costruzione del sistema, e il
termine ricorre perciò in molti titoli di opere classiche del pensiero: Principia
philosophiae (1644) di Cartesio, Principi della natura e della grazia (scritta nel
1714, pubblicata nel 1718) di Leibniz, Principi dell’economia politica e
dell’imposta (1817) di Ricardo, Primi principi (1862) di Spencer, Principi di
psicologia (1891) di W. James, Principia mathematica (1910-1913) di Russell e
Whitehead, ecc.
Analogamente, nelle scienze della natura vengono chiamati principi quelle leggi o
quelle regole metodologiche a cui si attribuisce, rispetto alle altre, un valore
privilegiato di evidenza o di generalità (principio di causalità, del minimo mezzo,
di Archimede, principi della termodinamica, ecc.).
Nella scienza contemporanea il concetto di principio ha conservato diritto di
cittadinanza, ma ha perduto per così dire le sue prerogative sovrane. La ricerca esige
nelle sue varie prospettive l’assunzione di punti di partenza e di regole di metodo,
ma la scelta di essi ubbidisce solo a criteri di funzionalità e di strumentalità. La
matematizzazione della logica, infine, ha fatto prevalere l’uso di assioma* e di
postulato* per designare le premesse non dimostrate del discorso.
PRIVAZIONE. In Aristotele la privazione (in gr. stérēsis) si presenta come un
principio della realtà, correlativo dell’atto e opposto alla potenza: la privazione è
l’esclusione di uno dei due contrari che sono in potenza, mentre l’atto è la
realizzazione dell’altro contrario. Alcuni padri della Chiesa utilizzarono il concetto
di privazione per dare una connotazione concettuale coerente al male, la cui realtà
pareva incompatibile con l’infinita bontà del Creatore: secondo sant’Agostino,
nessuna natura è male e tale termine designa solo la privazione del bene, ovvero
dell’essere. Su questa riduzione del male a privazione è concorde quasi tutto il
pensiero medievale. Il motivo viene ripreso nei Saggi di teodicea di Leibniz: tutto