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positivismo venne affermandosi nei suoi principi essenziali: il metodo delle scienze

          naturali è l’unico valido per la conoscenza della realtà e deve essere applicato anche
          allo studio della formazione psichica e sociale dell’uomo; poiché la scienza si limita
          a descrivere i fatti e a individuare le loro relazioni costanti, la metafisica non è una
          scienza; la filosofia ha il solo compito di coordinare e di unificare i principi generali
          delle  singole  scienze;  la  realtà  è  percorsa  da  una  corrente  dinamica  (v.
          EVOLUZIONISMO), la scienza è condizione dell’incremento progressivo di tutti i valori

          dell’umanità. In Francia il positivismo dopo Comte dette le sue prove di maggiore
          risonanza  nel  campo  degli  studi  storici  e  sociologici  (E.  Littré,  H.  Taine,  E.
          Durkheim,  ecc.);  dall’Inghilterra  influirono  su  tutta  la  cultura  europea  gli  scritti
          logico-gnoseologici e politici di J. Stuart Mill e la ponderosa summa evoluzionistica
          di  H.  Spencer,  oltre  ai  risultati  sconvolgenti  delle  indagini  di  C.  R.  Darwin;  in
          Germania il positivismo fu caratterizzato da un lato dalla tendenza a slittare verso il
          materialismo  metafisico  (J.  Moleschott,  L.  Büchner,  K.  Vogt,  E.  Haeckel,  ecc.),

          dall’altro  dalla  elaborazione  di  una  rigorosa  teoria  critica  dell’esperienza  (R.
          Avenarius ed E. Mach); in Italia, mentre il positivismo dei milanesi C. Cattaneo e G.
          Ferrari si riallaccia direttamente e naturalmente all’Illuminismo, quello di R. Ardigò,
          il maggior rappresentante italiano, del nuovo pensiero, si rifà all’evoluzionismo di
          Spencer.  Nell’ambito  della  cultura  positivistica  si  collocano  allresì  le  opere  di
          storici come P. Villari, di pedagogisti come A. Gabelli e A. Angiulli, di criminalisti

          come C. Lombroso.
          Dopo  la  reazione  antipositivistica  della  filosofia  europea  fra  la  fine  del XIX  e  il
          principio del XX sec., della quale il neoidealismo italiano fu forse l’espressione più
          intransigente,  la  cultura  contemporanea  è  di  nuovo  aperta  a  riconoscere  la  non
          esaurita validità di alcune esigenze del positivismo. (V. ad es. NEOPOSITIVISMO.)

          Bibliogr.:  E.  Littré, De la philosophie positive,  Parigi  1845;  E.  Laas, Idealismus
          und  positivismus,  3  voll.,  Berlino  1877-1884;  E.  Troilo, Idee  e  ideali  del
          positivismo,  Roma  1909;  G.  Tarozzi, Apologia  del  positivismo,  Roma  1927;  P.
          Ducassé, Essai  sur  les  origines  intuitives  du  positivisme,  Parigi  1939;  G.  Preti,
          Idealismo e positivismo,  Milano 1943;  B.  Magnino, Storia del positivismo,  Roma
          1955; U. Spirito, Il positivismo, Firenze 1957; R. Mondolfo, Da Ardigò a Gramsci,

          Milano 1962.
          POSITIVO. Per Leibniz, verità positive, le verità di fatto, in contrapposizione con le
          verità di ragione. • Filosofia positiva, per Schelling, quella di ispirazione pratico-
          religiosa,  in  contrapposizione  con  la  filosofia  negativa,  dominata  dall’esigenza
          speculativo-teoretica.  • Età  o  stato  positivo,  l’ultimo  stadio  dell’evoluzione
          dell’umanità secondo A. Comte, preceduto dall’età teologica e da quella metafisica.

          (V. POSITIVISMO.)  • Esistenzialismo positivo,  nell’ambito  dell’esistenzialismo*,  la
          corrente che non considera inevitabile il fallimento dell’uomo in quanto esistente.
          POSSIBILE.  Da  un  punto  di  vista  logico,  ciò  la  cui  esistenza  non  implica
          contraddizione; da un punto di vista ontologico, ciò che è destinato a diventare reale.

          Le  definizioni  del  possibile  come  valore  puramente  logico  hanno  sempre  una
          struttura  negativa:  già  per Aristotele  possibile  in  tale  senso  è  ciò  che  «  non  »  è
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