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dalla  morale  attribuendole  leggi  autonome  fondate  esclusivamente  sulla  ragion  di

          Stato. Quando (XVI sec.) l’attenzione degli studiosi si concentrò sul diritto naturale,
          la questione dei titoli di legittimità del potere politico assunse primaria importanza
          dando origine a molteplici correnti dottrinarie (Duplessis-Mornay, Tommaso Moro,
          Buchanan, Althusius, Suárez, Mariana, Bodin, Botero, Campanella). Ma solo dalla
          nuova teorizzazione del diritto naturale operata da Grozio e da Pufendorf derivarono

          posizioni speculative assolutistiche (Hobbes) e liberali (Locke). I pensatori del XVIII
          sec. tentarono di trarre dalla dottrina norme per l’azione pratica mentre  Rousseau
          portò  a  maturazione  il  pensiero  democratico  svincolandolo  dai  limiti  posti  dal
          razionalismo illuminista.
          Nel periodo che vide lo scoppio delle rivoluzioni americana e francese si ebbe una
          precisazione di contenuti che stabilì un più stretto legame del pensiero politico sia
          con la critica storica (Diderot, Montesquieu, Burke, ecc.), sia con la gestione dello
          Stato (Saint-Just, Robespierre, B. Franklin, Marat), sia infine con i problemi sociali

          (Babeuf,  Buonarroti).  Una  svolta  decisiva  fu  operata  dopo  la  Restaurazione  con
          l’affacciarsi dei primi movimenti operai organizzati (cartismo): mentre da un lato il
          liberalismo si scompose in varie e spesso opposte tendenze dottrinarie (Constant,
          Tocqueville, Madame de Staël, Sismondi, Perier, Sainte-Beuve, Guizot), dall’altro,
          parallelamente e in contrapposizione, giunsero a maturazione le prime teorizzazioni
          socialiste  che  legarono  in  modo  indissolubile  il  problema  dello  Stato  e  delle

          strutture  politiche  allo  sviluppo  della  società  civile  (Owen,  Saint-Simon,  Fourier,
          Blanc,  Blanqui,  Proudhon).  Mentre  il  pensiero  economico  anglosassone  veniva
          collegandosi  sempre  più  strettamente  alle  teorie  politiche  (Smith,  Ricardo,  Stuart
          Mill), un opposto processo avveniva sul continente europeo da parte socialista con
          Marx ed Engels che posero al centro della loro analisi non più la società intesa nella
          sua  caratterizzazione  giuridico-formale  così  come  era  stata  concepita  sino  allora,
          bensì la rete dei rapporti economici che costituiscono la società civile e ne spiegano

          e determinano le basi materiali essenziali. Negli anni tra la fine del XIX e l’inizio del
          XX  sec.  sorse  e  si  affermò  dalla  commistione  tra  dottrine  tipiche  di  un  certo
          conservatorismo (Savigny, De Maistre) e le forme più esasperate delle dottrine sulla
          razza,  il  superuomo  e  la  nazione  (Gobineau,  H.  S.  Chamberlain,  Nietzsche),  una
          concezione autoritaria dello Stato che ebbe il suo compimento storico nel fascismo e

          nel nazismo.
          Bibliogr.: Per un approfondimento delle questioni inerenti alla teoria politica, e per
          un’esposizione storica delle dottrine: G. H.
          Sabine, Storia delle dottrine politiche, Milano 1959; Aa. Vv., Storia del pensiero
          politico, diretta da J. Touchard, Milano 1967; Aa. Vv., Storia delle idee politiche,
          economiche e sociali, 6 voll., diretta da L. Firpo, Torino 1972 (sono finora usciti gli

          ultimi due volumi).
          POMPONAZZI (Pietro), filosofo italiano (Mantova 1462- Bologna 1525). Di nobile e
          ricca  famiglia,  studiò  a  Padova,  dove  si  laureò  nel  1487  in  medicina  e  dove  fin
          dall’anno seguente tenne un corso, in concorrenza con A. Achillini, e dal 1495 fu

          ordinario di « filosofia naturale ». Nel 1510, dopo che nel 1509 fu chiuso lo Studio
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