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il concetto di creazione originale, e si contrappose ad arte, ossia abilità acquisita

          con lo studio e con la pratica.
          Perciò,  anche  quando  era  divulgata  l’idea  che  sia  la poesia  sia  le  arti  figurative
          avessero come sorgente comune l’imitazione (Orazio, Arte poetica, 361: ut pictura
          poësis [« la poesia è come la pittura »]), il concetto della superiorità della poesia
          rispetto  alle  altre  arti  restò  indiscusso,  e  tale  rimase  per  secoli,  almeno  sino  al
          neoclassicismo settecentesco. Dopo la condanna platonica della poesia e dell’arte

          quali imitazioni del mondo fenomenico, fondamentali furono i chiarimenti portati da
          Aristotele,  che  distintamente  trattò  della  poesia  nella Poetica  e  della  prosa  nella
          Retorica. Per questi trattati si radicò il principio, teoricamente fallace, ma utile ai
          fini di una ricerca empirica, che con la parola si dessero due modi di espressione: la
          poesia,  arte  della  parola  chiusa  nel  ritmo  dei  versi,  e  la  prosa  (oratio  soluta),
          discorso  libero  dal  ritmo,  se  pur  regolato  da  sue  imprescindibili  esigenze  di
          armonia. Aristotele distinse anche la storia, che ha per oggetto l’accaduto, cioè una

          verità particolare, dalla poesia, che tratta il verisimile, ossia una verità universale, e
          fissò la distinzione dei generi poetici: drammatica, epica, lirica. Essenziale per lo
          svolgimento del successivo pensiero estetico antico, la Poetica aristotelica non ebbe
          diffusione  nel  medioevo,  quando  le  riflessioni  sulla  poesia  ebbero  due  distinti  e
          paralleli indirizzi: da un lato si negò l’autonomia della poesia e se ne ammise la
          legittimità solo ricorrendo alle spiegazioni allegoriche e anagogiche, dall’altro nelle

          varie poetiche si svolse una serie di ricerche sulla tecnica della parola. Momento
          fondamentale di approfondimento del pensiero aristotelico fu invece il Cinquecento
          italiano, quando traduttori e commentatori della Poetica e autori di poetiche nuove
          ispirate da Aristotele s’impegnarono in un’analisi più agguerrita dei generi, e della
          lirica  in  particolare,  e  discussero  se  il  fine  della  poesia  fosse  dilettare  o
          ammaestrare o, come voleva Orazio, l’uno e l’altro insieme (F. Robortello, B. Segni,
          V.  Maggi,  A.  Minturno,  G.  C.  Scaligero,  G.  Fracastoro,  L.  Castelvetro,  ecc.).

          Tendenze neoplatoniche e platonizzanti furono allora rappresentate soprattutto da F.
          Patrizi  e  da  G.  Bruno.  Ma  specialmente  la  vasta Poetica  dello  Scaligero  ebbe
          importanza grande come codice del nuovo classicismo, affermatosi poi in  Francia
          nel XVII sec., e teorizzato da N. Boileau. Nuovo fermento critico si ebbe nel XVIII sec.
          con  le  varie  difese  dell’entusiasmo  e  del  genio  (Diderot,  S. Bettinelli),  ma

          soprattutto con la concezione vichiana della poesia quale forma prima del conoscere.
          La grande crisi rinnovatrice del concetto di poesia venne però nell’età romantica per
          merito di filosofi, critici e poeti: fondamentali sono la concezione di E. A. Poe, che
          ridusse  tutta  la  poesia  all’attimo  lirico,  e  il  concetto  di  forma  desanctisiano  che,
          derivato  da  una  critica  acuta  del  pensiero  di  Hegel,  contiene  l’affermazione  più
          recisa  dell’inconfondibile  individualità  di  ogni  espressione  poetica.  Da  Poe,
          attraverso  Baudelaire,  Mallarmé,  Rimbaud, derivò il concetto di poesia pura, che
          consiste  essenzialmente  nell’idea  che  la  poesia  sia  rivelazione  del  mistero

          dell’esistenza per via di immagini e di simboli, e non con i mezzi di cui si vale il
          pensiero raziocinante. Al De Sanctis si lega direttamente la concezione crociana; ma
          nella  speculazione  del  Croce,  come  in  quella  di  altri  filosofi  moderni,  non  è  più
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