Page 647 - Dizionario di Filosofia
P. 647
possiamo ottenere tale scienza? Rifacendosi alla tradizione orfico-pitagorica, la
quale affermava che l’anima è immortale e rinasce più volte, Platone sostiene che
l’anima ha contemplato le idee in una vita anteriore, ma, entrando nel corpo, le
dimentica: tuttavia in seguito, nel venire a contatto con le cose materiali, riesce a
ricordarle, a ritrovare entro di sé il vero sapere, che non deriva quindi, se non
indirettamente, dall’esperienza, ma è solo ima reminiscenza (anamnesi). Il corpo è
quindi impedimento alla scienza e all’anima: la vita del sapiente acquista il carattere
di una preparazione alla morte, che è liberazione dell’anima e della scienza dai
vincoli corporei (Fedone).
Per spiegare quale sia l’effettiva condizione originaria dell’uomo e attraverso quali
tappe questi riesca a liberarsene, Platone nella Repubblica si serve di un’immagine,
nota come il « mito della caverna » (v. CAVERNA [La]): gli uomini sono come
prigionieri incatenati entro una caverna, con le spalle rivolte alla luce che viene di
fuori, e riescono a vedere soltanto le ombre proiettate sulla parete da coloro che
passano e dai loro fardelli: gli oggetti della sensazione sono appunto come queste
ombre che i prigionieri scambiano per oggetti reali, mentre, se essi riescono a
liberarsi dai ceppi e a uscire dalla caverna, possono vedere le cose stesse, che
corrispondono agli oggetti intelligibili. Il processo conoscitivo attraverso al quale si
risale dalle immagini delle cose alle cose singole, nel mondo sensibile, e dalle
nozioni matematiche alle idee, nel mondo intelligibile, costituisce la dialettica della
scienza, che dalla molteplicità tende all’unità; perciò il grado più alto della
conoscenza è l’intelligenza intuitiva (nûs), che coglie l’unità assoluta dell’idea,
superando l’intelligenza discorsiva (dianoia), che procede, attraverso molti
intermediari, dalle ipotesi alle conseguenze. Infine, lo stesso mondo intelligibile
riceve la sua unità dall’idea del bene, che è il principio e la causa della scienza e
della verità in quanto viene conosciuta: pur essendo un’idea, il bene sta al di là di
ogni altra essenza e della conoscenza stessa.
Alla teoria delle idee si ispirano la concezione politica di Platone e la sua
psicologia: infatti per lui la struttura di uno Stato e l’anima dell’individuo sono
organizzate alla stessa maniera. Come la vita dell’uomo giusto si realizza
nell’armonica contemperanza delle parti dell’anima, così lo Stato è ben ordinato
quando in esso domina la giustizia, cioè quando ogni classe e ogni individuo
attendono al compito che è loro proprio. Distinguendo tre funzioni nello Stato
(governo, difesa, economia), Platone fa a esse corrispondere tre classi sociali
(reggitori, soldati, produttori), che sono la proiezione delle tre attività o tre parti
dell’anima: la ragione, la volontà, gli appetiti. L’armonia e il giusto rilievo dato a
ciascuno di questi elementi realizza il fine ultimo dello Stato, che è la giustizia. La
classe dei reggitori deve essere costituita dai filosofi, i quali, educati dalla
dialettica, sono in grado di governare lo Stato in quanto capaci di governare se
stessi. Per potersi dedicare interamente al servizio della comunità, i reggitori non
devono avere proprietà individuali, né formarsi una famiglia: i loro figli verranno
allevati a cura dello Stato; ma queste norme non valgono per la massa della
popolazione, dedita al lavoro e agli affari.