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Dal punto di vista propriamente filosofico, è dubbio che il detto che « tutte le cose

          sono numeri » possa essere fatto risalire fino a Pitagora, così come è controverso il
          suo  significato.  Sembra  verosimile  che,  almeno  per  i  pitagorici  più  antichi,  la
          riduzione della realtà. a numero significasse semplicemente che ogni cosa può essere
          rappresentata  da  una  certa  successione  di  punti.  In  tale  concetto  sarebbe  così
          adombrata  la  possibilità  della  riduzione  della  qualità  a  quantità,  cioè  il  principio
          fondamentale della comprensione scientifica della natura. Con questa scoperta della

          meravigliosa  potenza  del  numero  era  abbastanza  naturale  che  convivesse,  in  un
          ambiente intriso di religiosità e di esoterismo, una mistica dei numeri, manifestantesi
          nell’attribuzione di particolari poteri a certi numeri, o nella identificazione di valori,
          come  la  virtù  e  la  giustizia,  o  di  istituzioni,  come  il  matrimonio,  con  numeri
          determinati. Elemento essenziale della concezione pitagorica è anche la dottrina dei
          contrari, sul ritmo dei quali si scandisce la vita del cosmo. L’equilibrio dei contrari
          è  «  armonia  »,  nella  quale  consistono  essenzialmente  la  salute  del  corpo  e  la

          saggezza  dell’anima.  La  medicina  e  la  filosofia  restaurano  gli  equilibri  turbati,
          purgando e vivificando il corpo e l’anima.
          Bibliogr.: I pitagorici: testimonianze e frammenti, a cura di M. Timpanaro Cardini,
          3 voll., Firenze 1958-1964; Giamblico, Vita pitagorica, Lipsia 1937; Versi d’oro, a

          cura  di A.  Farina,  Napoli  1962;  su  P.: A.  Chaignet, Pythagore  et  la  philosophie
          pythagoricienne,  Parigi 1874; A.  Delatte, Essai sur la politique pythagoricienne,
          Parigi  1922;  E,  Frank, Plato  und  die  sogennanten  Pythagoreer,  Halle  1923;  A.
          Rostagni, Il  verbo  di  Pitagora,  Torino  1924;  E.  Bindel, Pythagoras.  Leben  und
          Lehre in Wirklichkeit und Legende, Stoccarda 1962; C. de Vogel, Pythagoras and
          early pythagoreanism. An interpretation of neglected evidence on the philosopher
          Pythagoras, Assen 1966.

          PLANCK (Max Karl Ernst Ludwig), fìsico tedesco (Kiel 1858 - Gottinga 1947). Fu
          professore all’università di Monaco (1880), di Kiel (1885) e di Berlino (1889). Nel
          1900,  nel  tentativo  di  risolvere  il  problema  posto  dalle  osservazioni  sperimentali
          sulla distribuzione della lunghezza d’onda associata all’energia emessa da un corpo

          nero, che non si accordavano affatto con le predizioni della termodinamica classica,
          introdusse la teoria dei quanti*: l’idea rivoluzionaria di Planck fu quella di assumere
          che l’energia emessa da un sistema di oscillatori armonici non fosse continua come
          si  pensava,  ma  discreta,  secondo  una  struttura  «  a  quanti  ».  Planck  stesso  non  fu
          inizialmente  cosciente  della  portata  rivoluzionaria  della  sua  intuizione:  tuttavia  il
          concetto che l’energia, al pari della materia, non fosse indefinitamente frazionabile,
          portò Einstein nel 1905 a una chiara spiegazione dell’effetto fotoelettrico, e dopo i

          lavori di N. Bohr (1913) sulla struttura atomica e quelli successivi di M. Born, W.
          Heisenberg, E. Schrödinger, P. A. M. Dirac, divenne uno dei principi chiave di tutta
          la fisica del XX sec.
          Bibliogr.: In italiano sono tradotti: La conoscenza dei mondo fisico, Torino 1956;

          Autobiografia  scientifica  e  ultimi  saggi;  su  P.:  H.  Kretzschmar, M.  Planck  als
          Philosoph, Monaco 1967; E. N. Hiebert, The conception of thermodynamics in the
          scientific thought of Mach and Planck, Friburgo 1968.
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