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l’esigenza  etica  dell’assoluta  dignità  della  persona  umana:  come  l’imperativo

          categorico di Kant comanda di trattare l’umanità, in noi stessi e negli altri, mai come
          mezzo,  ma  sempre  come  fine,  così  per  Renouvier  «  l’agente  morale,  anziché
          subordinare i fini altrui ai propri, considera la persona degli altri come simile a se
          stesso  e  come  avente  fini  propri  ».  Inoltre,  sempre  sulla  linea  della  problematica
          kantiana,  Renouvier  ritiene  che  il  carattere  incondizionatamente  obbligante  della
          norma morale implichi il postulato di un accordo armonico fra le leggi dell’universo

          e i fini della persona. Garante di questo accordo non può essere che  Dio, un  Dio
          personale, centro di unificazione di tutte le coscienze finite.
          L’impegno politico-sociale assume un rilievo predominante nel personalismo di E.
          Mounier, secondo il quale la « personalizzazione » è il senso fondamentale della vita
          dell’universo.  La  persona  umana  sorge  a  un  certo  punto  di  questo  processo  e  lo
          continua: la persona « personalizza » il mondo, utilizzando le forze della natura e
          aprendosi agli altri. Il movimento associativo le è essenziale: il « tu » precede l’« io

          », dice Mounier; e comunque l’accompagna. Il cristianesimo profondamente vissuto
          porta  il  filosofo  francese  a  battersi  sul  piano  politico  per  una  «  rivoluzione
          personalistica  e  comunitaria  »,  rivolta  sia  contro  l’individualismo  sia  contro  il
          collettivismo. La necessità metafisicoesistenziale di una tale lotta viene derivata da
          una concezione drammatica del nesso impegnodisimpegno. L’esistenza personale è
          sempre combattuta fra un movimento di esteriorizzazione e uno di interiorizzazione:

          per conservare l’interiorità si deve uscire da essa, perché la persona è un « dentro »
          che ha bisogno del « fuori ».
          Per quanto il filosofo materialista tedesco E. Dühring abbia chiamato « personalismo
          » la sua versione solidaristica del socialismo, nell’uso oggi di gran lunga prevalente
          il termine vale a caratterizzare le filosofie spiritualistiche di ispirazione cristiana.
          PESSIMISMO.  Come reazione spontanea alle avversità e come manifestazione degli

          scoramenti  di  fronte  alle  durezze  della  vita  il  pessimismo  è  una  tonalità  emotiva
          presente  negli  uomini  di  ogni  tempo.  Così  Omero  (e  dopo  di  lui  Mimnermo)
          attribuisce  alle  generazioni  dei  viventi  la  stessa  caducità  delle  foglie. Anche  una
          grande  religione  storica  come  il  buddhismo  si  fonda  su  una  visione  pessimistica
          della vita: l’esistenza è dolore e questo cessa solo nel nirvāna, al quale si perviene

          con la distruzione del desiderio e con l’assoluto distacco da se stesso. A sua volta
          Schopenhauer  vede  in  una nolontà  di  tipo  buddhistico  la  sola  condizione  di
          definitivo  riscatto  dalla  schiavitû  della  Volontà.  E.  von  Hartmann  sostituisce  alla
          Volontà l’Inconscio, Dio ingannatore alle cui lusinghe solo il progresso della nostra
          consapevolezza  può  insegnarci  a  non  cedere.  Entro  la  categoria  del  pessimismo
          infine rientrano a buon diritto anche molte filosofie esistenzialistiche, a cominciare
          da quelle di Heidegger e di Jaspers.

          In una accezione assai più lata il termine designa anche solo una visione realistica
          dell’uomo  e  del  mondo.  In  questo  senso  si  parla,  per  es.,  del  pessimismo  di
          Machiavelli  e  con  implicazioni  analoghe  Gramsci  riteneva  che  il  rivoluzionario
          dovesse  essere  educato  al  «  pessimismo  del  pensiero  »  e  all’«  ottimismo  della
          volontà ».
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