Page 637 - Dizionario di Filosofia
P. 637

la denominazione della scuola filosofica da lui fondata.

          PERMANENZA.  Nella  metodologia  scientifica  il principio  di  permanenza  è
          l’assunzione che determinate leggi continuino a valere anche nell’ambito di ulteriori
          generalizzazioni. Nella concezione formalistica e convenzionalistica della scienza il
          principio di permanenza conserva solo una funzione euristica.

          PERRY (Ralph Barton), filosofo americano (Poultney, Vermont, 1876 - Boston 1957).
          Professore  all’università  Harvard  dal  1913,  fu  tra  i  collaboratori  del  volume Il
          neorealismo  (1912)  e  come  tale  va  collocato  fra  i  fondatori  del  neorealismo
          americano.  In  psicologia,  dopo  aver  sostenuto  l’indirizzo  comportamentistico  (v.
          BEHAVIORISMO),  finì  per  tornare  sulle  posizioni  dello  spiritualismo  tradizionale.
          Come pensatore politico si sforzò di teorizzare i limiti del potere della maggioranza

          di fronte ai diritti dell’individuo. Curò la pubblicazione delle opere di W. James, al
          quale  dedicò  la  monografia Pensiero  e  carattere  di  W.  James  (1935).  Scrisse,
          inoltre,  fra  l’altro: L’economia  morale  (1909), La  teoria  generale  del  valore
          (1926), Puritanesimo e democrazia (1942), Realismo del valore (1954), L’umanità
          dell’uomo (1956).

          PER  SÉ,  loc.  usata  come  nome.  L’essere  specificamente  umano,  cosciente,  in
          opposizione all’essere assoluto (in sé).  Nell’uso della scolastica la qualificazione
          latina per  se  riferita  a  un  oggetto  equivale  a  «  secondo  la  sua  natura  o  forma
          specifica ». Nel linguaggio di Hegel ciò che è in sé (in sich) differisce da ciò che è
          per sé (für sich) come l’implicito dall’esplicito, il non conosciuto dal conosciuto.
          L’espressione sostantivata è usata particolarmente dal filosofo francese J.-P. Sartre
          per designare l’esistente in quanto consapevolezza. Mentre l’in sé, l’essere oggettivo

          nella sua opacità, sta immobile, senza alcun possibile ritorno su se stesso, il per sé,
          nato  dall’in  sé  per  una  sorta  di  «  apporto  di  nulla  »  è  dotato  di  coscienza,  di
          sensibilità,  di  qualità  negative  (v. NEGATITÀ).  Per  lui,  che  è  un  «  non  essere  »,
          essenza ed esistenza coincidono. Esiste, e con ciò stesso si trova definito, con la sua
          inquietudine,  la  sua  libertà  e  le  sue  iniziative  destinate  sempre  al  fallimento,  dal

          momento che esse hanno come esito necessario il ritorno all’in sé, che solo « è ».
          PERSEITÀ  (lat.  mediev. perseitas).  Termine  della  filosofia  scolastica  indicante  la
          condizione e il carattere distintivo di ciò che è per* sé.
          PERSONALISMO. Questo termine, entrato nel linguaggio filosofico solo verso la fine
          del  XVIII  sec.  è  stato  usato  probabilmente  per  la  prima  volta  da  Schleiermacher

          come riassuntivo della concezione cristiana del Diopersona, in quanto contrapposta
          al panteismo. Solo circa un secolo più tardi il termine cominciò a essere usato per
          designare,  in  polemica  contro  il  monismo  idealistico,  una  concezione  del  mondo
          ispirata  a  un  pluralismo  spiritualistico  di  tipo  leibniziano.  La  prima  sistemazione
          filosofica del personalismo è opera del francese C. Renouvier, autore fra l’altro di
          un’opera intitolata Il personalismo (1903). La realtà è per Renouvier un insieme di

          centri di coscienza, assai simili alle monadi di Leibniz, distinti come queste ultime
          gli uni dagli altri e accordati allo stesso modo secondo una « armonia prestabilita »,
          voluta  e  regolata  da  Dio.  Ma  alla  base  di  questa  costruzione  metafisica  c’è
   632   633   634   635   636   637   638   639   640   641   642