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diventa quasi un luogo comune l’esaltazione della positività creatrice della passione.
Hegel dichiara nell’Enciclopedia che « niente di grande è stato compiuto, né può
essere compiuto, senza passione », e Nietzsche vede nell’esistenza di una « passione
dominante » la « forma suprema della salute ». Per lo stesso Croce « la moralità
genuina signoreggia bensì la passione, ma serba la forma della passione ». Anche per
gli psicologi la passione è un sentimento particolarmente intenso, permanente ed
esclusivo. Il Ribot sosteneva che la passione è nell’ordine affettivo quello che l’idea
fissa è nell’ordine intellettuale. Nell’uno come nell’altro caso si ha un’eccitazione
eccessiva ed esclusiva, concentrata su di un solo oggetto e capace di determinare per
reazione una sorta di inibizione nei rapporti con tutto il resto. Un tale processo di
eccitazione e di inibizione è d’altronde molto frequente in psicologia, perché in esso
si manifesta una delle leggi fondamentali dell’attività nervosa. Per es., la ripetizione
di una sensazione unica mette capo all’ipnosi; la concentrazione eccessiva
dell’attenzione ha lo stesso effetto, nel campo sensoriale come in quello intellettuale
(idea fissa). Così la passione, fissando ogni attività sul suo oggetto, finisce col
togliere la capacità di vedere non solo il resto, ma addirittura quel suo oggetto
medesimo (come è stato spesso osservato a proposito dell’amore), fino a degradarsi
in nevrosi e in follia.
PASSIVITÀ. Platone contrappone all’attività del demiurgo la passività della materia,
che si comporta « come la cera che riceve l’impronta » (Timeo). Su questa linea
passività e recettività restano le note fondamentali della materia per tutte le posizioni
di pensiero in qualche modo legate al dualismo classico (per es. la filosofia di
Cartesio). Parallelamente si sviluppa l’indirizzo opposto, che pone insita nella
materia una potenza attiva e autonoma: questo concetto, che risale ai primordi del
pensiero greco ed è presente anche in alcuni filosofi medievali, è espresso con
vigore suggestivo negli scritti più celebri del Bruno. Leibniz giunse per parte sua
alla nozione di monade come centro di forza criticando appunto l’asserita inerzia e
passività della materia. Il concetto di passività ricorre di frequente anche nella storia
della gnoseologia e dell’etica: così l’idealismo moderno rimprovera alla filosofia
prekantiana una concezione del rapporto conoscitivo fondata sulla presunta passività
del soggetto, mentre Fichte vede il « male radicale » nella passività dell’io
empirico, che si adatta pigramente alla finitudine e rinuncia in tal modo alla libertà.
PASTORE (Valentino Annibale), filosofo italiano (Orbassano, Torino, 1868 -Torino
1956). Dal 1921 al 1939 fu professore di filosofia teoretica all’università di Torino.
Fu tra i pochissimi studiosi italiani, ed il primo, in un momento culturalmente non
favorevole, a condurre le proprie ricerche intorno a problemi di filosofia della
scienza. La sua concezione del mondo si qualifica come « relativismo universale »,
ma le cose migliori del Pastore sono le indagini logiche particolari, segnatamente
quelle dedicate al principio di identità e a quello di causalità. Opere principali:
Dell’essere e del conoscere (1913), Il problema della causalità (1921), La logica
del potenziamento (1936).
PATAÑJALI, filosofo indiano, autore del Yogasūtra, la più antica raccolta di precetti
e aforismi della filosofia yoga*, che risale con ogni probabilità al IV sec. d.C.