Page 629 - Dizionario di Filosofia
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diventa quasi un luogo comune l’esaltazione della positività creatrice della passione.

          Hegel dichiara nell’Enciclopedia che « niente di grande è stato compiuto, né può
          essere compiuto, senza passione », e Nietzsche vede nell’esistenza di una « passione
          dominante » la « forma suprema della salute ».  Per lo stesso  Croce « la moralità
          genuina signoreggia bensì la passione, ma serba la forma della passione ». Anche per
          gli  psicologi  la  passione  è  un  sentimento  particolarmente  intenso,  permanente  ed
          esclusivo. Il Ribot sosteneva che la passione è nell’ordine affettivo quello che l’idea

          fissa è nell’ordine intellettuale. Nell’uno come nell’altro caso si ha un’eccitazione
          eccessiva ed esclusiva, concentrata su di un solo oggetto e capace di determinare per
          reazione una sorta di inibizione nei rapporti con tutto il resto. Un tale processo di
          eccitazione e di inibizione è d’altronde molto frequente in psicologia, perché in esso
          si manifesta una delle leggi fondamentali dell’attività nervosa. Per es., la ripetizione
          di  una  sensazione  unica  mette  capo  all’ipnosi;  la  concentrazione  eccessiva
          dell’attenzione ha lo stesso effetto, nel campo sensoriale come in quello intellettuale

          (idea  fissa).  Così  la  passione,  fissando  ogni  attività  sul  suo  oggetto,  finisce  col
          togliere  la  capacità  di  vedere  non  solo  il  resto,  ma  addirittura  quel  suo  oggetto
          medesimo (come è stato spesso osservato a proposito dell’amore), fino a degradarsi
          in nevrosi e in follia.

          PASSIVITÀ. Platone contrappone all’attività del demiurgo la passività della materia,
          che si comporta « come la cera che riceve l’impronta » (Timeo).  Su questa linea
          passività e recettività restano le note fondamentali della materia per tutte le posizioni
          di  pensiero  in  qualche  modo  legate  al  dualismo  classico  (per  es.  la  filosofia  di
          Cartesio).  Parallelamente  si  sviluppa  l’indirizzo  opposto,  che  pone  insita  nella
          materia una potenza attiva e autonoma: questo concetto, che risale ai primordi del
          pensiero  greco  ed  è  presente  anche  in  alcuni  filosofi  medievali,  è  espresso  con
          vigore  suggestivo  negli  scritti più celebri del  Bruno.  Leibniz giunse per parte sua

          alla nozione di monade come centro di forza criticando appunto l’asserita inerzia e
          passività della materia. Il concetto di passività ricorre di frequente anche nella storia
          della gnoseologia e dell’etica: così l’idealismo moderno rimprovera alla filosofia
          prekantiana una concezione del rapporto conoscitivo fondata sulla presunta passività
          del  soggetto,  mentre  Fichte  vede  il  «  male  radicale  »  nella  passività  dell’io

          empirico, che si adatta pigramente alla finitudine e rinuncia in tal modo alla libertà.
          PASTORE (Valentino Annibale), filosofo italiano (Orbassano, Torino, 1868 -Torino
          1956). Dal 1921 al 1939 fu professore di filosofia teoretica all’università di Torino.
          Fu tra i pochissimi studiosi italiani, ed il primo, in un momento culturalmente non
          favorevole,  a  condurre  le  proprie  ricerche  intorno  a  problemi  di  filosofia  della
          scienza. La sua concezione del mondo si qualifica come « relativismo universale »,

          ma le cose migliori del  Pastore sono le indagini logiche particolari, segnatamente
          quelle  dedicate  al  principio  di  identità  e  a  quello  di  causalità.  Opere  principali:
          Dell’essere e del conoscere (1913), Il problema della causalità (1921), La logica
          del potenziamento (1936).

          PATAÑJALI, filosofo indiano, autore del Yogasūtra, la più antica raccolta di precetti
          e aforismi della filosofia yoga*, che risale con ogni probabilità al IV sec. d.C.
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