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della Trinità e a cadere così nell’eresia triteistica.

          Ma negazioni decise della realtà degli universali sono presenti anche nel pensiero
          classico. Antistene cinico opponeva alla tesi platonica dell’esistenza delle idee la
          celebre obiezione: « Vedo il cavallo, non la cavallinità » ed Epicuro riteneva che i
          concetti  fossero  «  nomi  »,  sintetizzanti  le  impressioni  ricevute  e  anticipanti  le
          possibili impressioni future.
          Nella  storia  del  pensiero  moderno  il  nominalismo  si  ripresenta  in  forma  assai

          rigorosa in Hobbes ed è una tendenza più o meno coerentemente perseguita da tutta la
          gnoseologia  empiristica,  da  Locke  a  Hume.  Anche  le  varie  manifestazioni  del
          convenzionalismo*  gnoseologico  e  logico  moderno  possono  essere  legittimamente
          ricondotte, almeno a puri fini classificatori, sotto la categoria del nominalismo. (V.
          anche CONCETTUALISMO, REALISMO, TERMINISMO.)
          NON ESSERE. Assenza o negazione dell’essere. Nel pensiero greco la nozione di non

          exsere non è del tutto identica a quella di nulla*. Quando Platone afferma nel Sofista
          che « in ciascuna idea molto è l’essere, ma infinito il non essere », intende solo dire
          che ogni idea include anche il riferimento a tutto ciò che essa non è e un qualche tipo
          di  rapporto  con  questo.  Così,  «  disobbedendo  »  a  Parmenide,  che  aveva
          raccomandato di « non costringere mai l’essere a essere non essere », Platone tenta

          di immettere nel mondo delle  Idee (l’essere) la possibilità del movimento e della
          vita.  Per  Piotino,  che  riprende  e  radicalizza  un  motivo  platonico-aristotelico,  non
          essere è la materia, il principio inerte su cui agisce l’anima del mondo e dal quale
          traggono origine l’imperfezione, la molteplicità e il male. Nell’uso filosofico oggi
          corrente l’ambito di significato di « non essere » può dirsi tuttavia coincidente con
          quello  di  «  nulla  ».  Nell’esistenzialismo  in  particolare  la  negazione  dell’essere  è
          come  il  segno  e  la  manifestazione  della  presenza  necessaria  del  nulla.  (V.  anche
          DIALETTICA, DIVENIRE, ESSERE e NULLA.)

          NON-IO. La realtà oggettiva, in quanto opposta all’io o comunque distinta da esso. Il
          termine, che ha avuto grande fortuna nella filosofia idealistica, fu introdotto da Fichte
          (in  ted. nicht ich)  per  indicare  la  natura  e  il  mondo  dell’oggettività  in  generale.
          Secondo Fichte il principio della realtà è l’io, libera attività creatrice; l’io pone se

          stesso e oppone a sé il non-io; l’io infinito diventa finito e si fa quindi intelligenza
          consapevole per effetto della limitazione rappresentata dal non-io; il non-io posto
          dall’io  appare  alla  riflessione  comune  come  una  realtà  data,  perché  l’io  come  «
          immaginazione produttiva » è inconsapevole; solo attraverso la riflessione filosofica
          l’io si fa consapevole del fatto che il non-io è posto dalla sua attività.
          NORMATIVO.  Termine  di  uso  corrente  nell’ambito  della  cosiddetta  filosofia  dei

          valori  (Windelband,  Rickert)  e  di  posizioni  di  pensiero  a  essa  affini  (Wundt,
          Simmel, Husserl), per indicare il carattere di alcune « scienze filosofiche », come la
          logica,  l’etica  e  l’estetica,  che  non  descrivono  i  fatti,  ma  prescrivono  norme
          universali alle quali la ragione, la volontà e il sentimento devono ubbidire. In ciò
          esse  si  distinguono  dalle  scienze  naturali,  che  scoprono  le  leggi  a  cui  la  realtà
          necessariamente  si  conforma,  e  dalla  scienza  storica,  che  mira  alla  descrizione

          dell’evento singolo.
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