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NIRVĀNA (voce sanscrita, corrispondente al pāli nibbana). Nelle filosofie e religioni
indiane, suprema condizione di liberazione dal ciclo delle trasmigrazioni (samsāra).
Il concetto, presente soprattutto nel buddhismo e nel giainismo, è strettamente
collegato con quello della reincarnazione delle anime che costituisce un processo
mantenuto in esistenza dal karman, o insieme degli atti materiali e delle volizioni
compiute da un essere in questa esistenza e nelle precedenti. Poiché il ciclo
dell’esistenza è un male, il buddhismo predica la rottura di questo ciclo attraverso
l’estinzione dei desideri e delle passioni e l’abbandono dell’attaccamento al mondo,
la cui conseguenza è appunto il nirvāna, stato assolutamente trascendente
l’esperiènza, di cui si può soltanto dire che in esso tutti i mali cessano insieme alle
loro cause e ai loro effetti, in primo luogo la reincarnazione. L’interpretazione di
questa dottrina si differenzia peraltro notevolmente presso le varie scuole filosofiche
buddhiste. La condizione di chi ha raggiunto il nirvāna è quella di buddha, di chi cioè
ha raggiunto la completa illuminazione.
Il termine fu ripreso da A. Schopenhauer nell’opera Il mondo come volontà e
rappresentazione*, per designare la forma di riscatto definitivo (al di là di quello
provvisorio rappresentato dall’arte, dalla giustizia e dalla compassione)
conseguibile attraverso l’ascesi: l’asceta, che cessa di volere la vita e spezza la
catena del desiderio, realizza la nolontà e redime in se stesso l’universo.
NISHIDA (Kitarō), filosofo giapponese (presso Kanazawa 1870 - Kamakura 1945).
Tenne (1913-1928) la cattedra di filosofia teoretica dell’università di Kyōto. Cercò
di inserire nella meditazione zen e nella concezione della « esperienza pura », fonte
di una conoscenza soprarazionale e privilegiata, alcuni motivi della filosofia
occidentale, derivati in particolare da Fichte, da Bergson e dal movimento
neokantiano. L’elemento mistico-buddhista restò tuttavia prevalente, e Nishida stesso
caratterizzò il suo pensiero come « filosofia del nulla » (mu), dove quest’ultimo è
l’identità omnicomprensiva nella quale si dissolvono tutte le individualità. È
considerato il maggior filosofo del Giappone moderno. Opere principali: Studio su
Dio (1911), Intuizione e riflessione nell’autocoscienza (1917), Saggi filosofici
(1935-1946), in sette volumi.
NIZÒLIO o NIZZÒLI (Mario), latinizzato in Nizolius, umanista e filosofo italiano
(Brescello, Reggio Emilia, 1498 - Sabbioneta, Mantova, 1576). Professore a Parma,
polemizzò aspramente contro la filosofia scolastica, che gli si presentava come un
coacervo di astrusità senza senso, espresse in un latino barbaro.
Sostenne, seguendo Occam, il carattere puramente nominale degli universali e il
valore primario della conoscenza immediata. La sua opera maggiore è il De veris
principiis et vera ratione philosophandi contra pseudophilosophos libri quattuor
(1553), ripubblicata nel secolo seguente dal Leibniz col titolo di Antibarbarus
philosophicus.
Bibliogr.: Per l’edizione dell’opera principale: Il De principiis di Mario Nizolio, a
cura di P. Rossi, in Testi umanistici sulla retorica, a cura di E. Garin, Roma-Milano
1953; su N.: P. Rossi, La celebrazione della retorica e la polemica antimetafisica
nel De principiis di M. Nizolio, in La crisi dell’uso dogmatico della ragione, a