Page 602 - Dizionario di Filosofia
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d’aiuto anche a Pascal nella composizione delle Provinciali, che egli tradusse in
latino sotto lo pseudonimo di WENDROCK. Nel 1679, dovette rifugiarsi nei Paesi
Bassi insieme con Arnauld; mal adattandosi all’esilio, ottenne il permesso di
rientrare in Francia, provocando l’accusa di tradimento da parte dei suoi compagni
giansenisti. A Parigi godette dell’amicizia di Bossuet, Boileau e Racine. La società
del tempo lo apprezzò soprattutto per le sue opere di filosofia e di morale: Logica di
Port-Royal (1662), in collaborazione con Arnauld; Saggi di morale e istruzioni
teologiche, pubblicati dal 1671 al 1678 in quattro volumi, diventati venticinque nelle
edizioni del secolo successivo. Ebbero vasta eco, per il loro contenuto polemico,
anche le lettere dette Immaginarie e Visionarie (1664-1667).
NIELSEN (Rasmus), filosofo danese (Rørslev, Fionia, 1809 - Copenaghen 1884). Fu
un seguace relativamente autonomo del pensiero di Kierkegaard e credette di
integrare l’unilateralità di quest’ultimo assumendo una posizione eclettica,
caratterizzata dal convincimento che ragione e fede non si escludono a vicenda.
Opere principali: Logica delle idee fondamentali (1864-1866), Filosofia della
religione (1869), Natura e spirito (1873).
NIETZSCHE (Friedrich Wilhelm), filosofo tedesco (Rökken, presso Lützen, 1844-
Weimar 1900). Frequentò i corsi di filologia classica nelle università di Bonn e di
Lipsia, dove conobbe Erwin Rohde. Nel 1869 fu chiamato giovanissimo alla cattedra
di filologia classica dell’università di Basilea. Insegnò fino al 1878, coltivando
rapporti fruttuosi con colleghi eminenti, come il teologo Overbeck e lo storico
Burckhardt, e approfondendo la sua amicizia con Wagner, da lui già conosciuto fin
dal 1868. La salute sempre più precaria lo costrinse a lasciare la cattedra nel 1879.
Visse con mezzi modesti, viaggiando molto, soprattutto in Italia: a Torino lo colse il
primo attacco vistoso del male a lungo covato (fine del 1888). Il filosofo
sopravvisse poi per undici anni a se stesso, immerso in una blanda follia.
Alla base della personalità complessa di Nietzsche ci sono l’amore per la vita e
l’ammirazione entusiastica per la vitalità creatrice. D’altra parte egli aveva forse
ereditato dal cristianesimo austero dei suoi avi una sorta di ascetismo torbido e
impietoso. Fin dal 1863 egli aveva inoltre scoperto con immediato consenso la
filosofia di Schopenhauer. Il problema fondamentale del suo pensiero (e della sua
esistenza) venne così a proporsi in questi termini: « È possibile, pur accettando la
concezione del mondo di Schopenhauer, non derivare da essa la pessimistica
rinuncia alla volontà di vivere? » Nietzsche vide dapprima nell’arte, concepita come
esaltazione vitale e come vittoriosa idealizzazione del negativo, un modo risolutivo
di superamento del male insito nella realtà. Questo tema è affrontato nella Nascita
della tragedia* (1872), e nelle Considerazioni inattuali* (1873-1876). L’uomo
greco riuscì a sopportare l’esistenza, di per sé atroce e assurda, in virtù della forza
trasfiguratrice dell’arte. Questa può esprimere sia il mondo come volontà, sia il
mondo come rappresentazione: nel primo caso l’arte è dionisiaca (musica), nel
secondo apollinea (arti figurative, narrativa, dramma). L’opera wagneriana, sintesi
delle due forme, è l’arte perfetta, con la più alta forza redentrice.
Successivamente Nietzsche cercò nel sapere coraggioso e spregiudicato una più