Page 579 - Dizionario di Filosofia
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che contro i principi e le credenze. Infine, convinto che ogni uomo porti in sé « la

          forma  intera  dell’umana  condizione  »,  Montaigne  si  risolse  a  dipingere  solo  se
          stesso, ponendosi come oggetto di studio utile a tutti. In questa parte dell’opera si
          delinea  l’immagine  dell’honnête homme,  che  sarebbe  stato  il  modello  ideale  del
          secolo successivo, amante delle buone maniere, sincero, equilibrato, padrone di sé e
          in accordo con la propria coscienza. L’odio per la violenza e il fanatismo, che ne
          fece, in politica, un conservatore prudente, completa il ritratto di Montaigne; in un

          periodo di accese lotte di parte, si rifiutò sempre di parteggiare per i cattolici o per
          gli ugonotti, aprendo le porte del suo castello sia agli uni sia agli altri. Montaigne ha
          avuto ammiratori in tutti i secoli: nel XVIII sec. per la sua saggezza e per l’acutezza
          dell’analisi dell’animo umano. Ma la sua morale gli valse di essere messo all’Indice
          (1676) e di passare, in quanto avversario risoluto del dogmatismo, tra i « libertini ».
          A lui, tuttavia, si rifecero in varia misura anche i suoi avversari, come Pascal. Il suo
          empirismo ebbe grande fortuna in Inghilterra.

          Bibliogr.:  F.  Strowski, Montaigne,  Parigi  1938;  D.  M.  Frame, Montaigne’s
          discovery  of  man.  The  humanisation  of  a  humanist,  Nuova  York  1955;  A.
          Thibaudet, Montaigne, Parigi 1963.

          MONTESQUIEU (Charles DE SECONDAT, barone DI LA BRÈDE e DI), pensatore francese
          (La Brède, od. Labrède, Bordeaux, 1689 - Parigi 1755). Dopo la morte del padre,
          entrò come consigliere al parlamento di Bordeaux (1714). Nel 1716, in seguito alla
          morte di uno zio, poté assumere la carica di presidente à mortier. Nel 1716 entrò
          anche all’Accademia delle scienze di Bordeaux, in cui lesse una Dissertazione sulla
          politica dei Romani nella religione, e una serie di « discorsi » scientifici, proposti

          dall’Accademia  stessa.  Pur  non  trattandosi  di  ricerche  originali,  questi  lavori
          rivelano  l’interesse  dello  scrittore  per  le  scienze  e  la  sua  fede  nel  metodo
          sperimentale, applicato a ogni campo della conoscenza. Allo stesso periodo risale
          anche  il  progetto,  non  portato  a  termine,  di  una Storia fisica della terra antica e
          moderna. Contemporaneamente rivolse il suo interesse ai fenomeni sociali, affrontati
          con lo stesso spirito analitico. Queste esperienze confluirono nella sua prima opera

          importante, Lettere  persiane,  romanzo  epistolare  in  cui  le  osservazioni  satiriche
          sulla  vita  parigina  si  mescolavano  al  gusto  per  l’Oriente.  La  vasta  eco  suscitata
          dall’opera,  apparsa  anonima  ad  Amsterdam  nel  1721,  ma  di  cui  tutti  avevano
          individuato  l’autore,  gli  aprì  le  porte  dei  salotti  parigini,  che  egli  frequentò
          assiduamente fino al 1725.
          Trovandosi  ormai  nell’impossibilità  di  adempiere  ai  suoi  doveri  di  magistrato,
          vendette  la  carica  nel  1726.  Dopo  l’elezione  all’Accademia  francese  (1728),

          intraprese  un  lungo  viaggio  che  lo  portò  in Austria,  in  Italia  (dove  visitò  tutte  le
          grandi città del Nord e del Sud), in Germania, in Olanda e in Inghilterra, dove rimase
          dal  1729  al  1731.  Il  viaggio  gli  fornì  nuovo  materiale  di  studio  e  preziose
          informazioni politiche e sociali. Da questa vasta documentazione trasse la sua prima
          grande  opera: Considerazioni  intorno  alle  cause  della  grandezza  dei  Romani  e
          della  loro  decadenza*  (1734)  e,  dopo  quindici  anni  di  lavoro, Lo  spirito  delle

          leggi*, pubblicato anonimo a  Ginevra nel 1748.  Con l’enorme successo (ventidue
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