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che contro i principi e le credenze. Infine, convinto che ogni uomo porti in sé « la
forma intera dell’umana condizione », Montaigne si risolse a dipingere solo se
stesso, ponendosi come oggetto di studio utile a tutti. In questa parte dell’opera si
delinea l’immagine dell’honnête homme, che sarebbe stato il modello ideale del
secolo successivo, amante delle buone maniere, sincero, equilibrato, padrone di sé e
in accordo con la propria coscienza. L’odio per la violenza e il fanatismo, che ne
fece, in politica, un conservatore prudente, completa il ritratto di Montaigne; in un
periodo di accese lotte di parte, si rifiutò sempre di parteggiare per i cattolici o per
gli ugonotti, aprendo le porte del suo castello sia agli uni sia agli altri. Montaigne ha
avuto ammiratori in tutti i secoli: nel XVIII sec. per la sua saggezza e per l’acutezza
dell’analisi dell’animo umano. Ma la sua morale gli valse di essere messo all’Indice
(1676) e di passare, in quanto avversario risoluto del dogmatismo, tra i « libertini ».
A lui, tuttavia, si rifecero in varia misura anche i suoi avversari, come Pascal. Il suo
empirismo ebbe grande fortuna in Inghilterra.
Bibliogr.: F. Strowski, Montaigne, Parigi 1938; D. M. Frame, Montaigne’s
discovery of man. The humanisation of a humanist, Nuova York 1955; A.
Thibaudet, Montaigne, Parigi 1963.
MONTESQUIEU (Charles DE SECONDAT, barone DI LA BRÈDE e DI), pensatore francese
(La Brède, od. Labrède, Bordeaux, 1689 - Parigi 1755). Dopo la morte del padre,
entrò come consigliere al parlamento di Bordeaux (1714). Nel 1716, in seguito alla
morte di uno zio, poté assumere la carica di presidente à mortier. Nel 1716 entrò
anche all’Accademia delle scienze di Bordeaux, in cui lesse una Dissertazione sulla
politica dei Romani nella religione, e una serie di « discorsi » scientifici, proposti
dall’Accademia stessa. Pur non trattandosi di ricerche originali, questi lavori
rivelano l’interesse dello scrittore per le scienze e la sua fede nel metodo
sperimentale, applicato a ogni campo della conoscenza. Allo stesso periodo risale
anche il progetto, non portato a termine, di una Storia fisica della terra antica e
moderna. Contemporaneamente rivolse il suo interesse ai fenomeni sociali, affrontati
con lo stesso spirito analitico. Queste esperienze confluirono nella sua prima opera
importante, Lettere persiane, romanzo epistolare in cui le osservazioni satiriche
sulla vita parigina si mescolavano al gusto per l’Oriente. La vasta eco suscitata
dall’opera, apparsa anonima ad Amsterdam nel 1721, ma di cui tutti avevano
individuato l’autore, gli aprì le porte dei salotti parigini, che egli frequentò
assiduamente fino al 1725.
Trovandosi ormai nell’impossibilità di adempiere ai suoi doveri di magistrato,
vendette la carica nel 1726. Dopo l’elezione all’Accademia francese (1728),
intraprese un lungo viaggio che lo portò in Austria, in Italia (dove visitò tutte le
grandi città del Nord e del Sud), in Germania, in Olanda e in Inghilterra, dove rimase
dal 1729 al 1731. Il viaggio gli fornì nuovo materiale di studio e preziose
informazioni politiche e sociali. Da questa vasta documentazione trasse la sua prima
grande opera: Considerazioni intorno alle cause della grandezza dei Romani e
della loro decadenza* (1734) e, dopo quindici anni di lavoro, Lo spirito delle
leggi*, pubblicato anonimo a Ginevra nel 1748. Con l’enorme successo (ventidue