Page 561 - Dizionario di Filosofia
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perdendo il riferimento originario alla collocazione in un ordine di successione e
caricandosi del senso pregnante, suggerito dal contenuto dei libri designati, di «
scienza del reale in sé, considerato al di là delle apparenze sensibili immediate ».
Se una tale « realtà in sé » è pensata non come la struttura e il « senso riposto » delle
cose, ma come una totalità esistente e autonoma (l’ambiguità è già in Aristotele), la
metafìsica viene ad avere lo stesso oggetto della teologia. Metafisiche teologiche
furono in larga misura la filosofia di Plotino e quella scolastica, con i loro classici
problemi dell’esistenza di Dio, degli attributi di Dio, dei rapporti fra Dio e la realtà
emanata o creata. San Tommaso, per parte sua, non ammettendo una scienza di Dio
diversa dalla teologia, concepì la metafisica come scienza dei caratteri generali
dell’essere, solo a questo titolo preliminare e fondante rispetto a tutte le altre
scienze. Deve essere messa in rilievo tuttavia la lunga tradizione che, pure in contesti
di pensiero assai differenti, ha sempre giustificato la superiorità della metafìsica
rispetto alle altre scienze con l’argomento dell’eccellenza incommensurabile
dell’oggetto di essa: al di sopra delle varie scienze del finito, fìsse su manifestazioni
parziali e incomplete dell’essere, sta la scienza dell’assoluta Realtà. Tale è la
metafisica (ma l’elenco è solo esemplificativo) per Cartesio, per Spinoza, per
Malebranche, per Leibniz, per Berkeley, per Rosmini, per Gioberti, e anche per
Hegel e per l’hegelismo di destra. Alla « filosofia prima » però lo stesso Aristotele,
particolarmente nei libri VII, VIII e IX della Metafisica, assegna come si è detto un
compito differente, quello cioè di ricercare e di mettere in luce i caratteri
fondamentali dell’essere, distinguendo gli attributi necessari di esso da quelli
contingenti. In questo senso la metafìsica viene a essere essenzialmente ontologia
(scienza dell’essere) e la sua priorità rispetto alle altre scienze poggia su un
fondamento puramente logico. La polemica contro gli arbitri della metafìsica, che è
dall’Illuminismo allo storicismo e al positivismo vecchio e nuovo una delle costanti
della storia del pensiero moderno, non è diretta in genere contro la ricerca critica
dell’essere così intesa: al contrario, si designò talvolta con « metafìsica » ogni
transizione sistematica di un determinato settore del sapere. Così Carnot intitolò
Riflessioni sulla metafisica del calcolo infinitesimale un suo saggio scritto per
giustificare formalmente i procedimenti di quel calcolo, il cui rigore era ancora
messo in dubbio ai suoi tempi. La stessa celebre dimostrazione kantiana
dell’impossibilità della metafìsica come scienza non deve essere riferita a tutta la
metafisica indiscriminatamente, ma solo a quella « dogmatica ». La filosofia critica è
anch’essa un’ontologia, caratterizzata dalla « rivoluzione copernicana », che
presenta nella nuova prospettiva soggettivistica la fondazione dell’essere. E come è
legittima una tale ontologia metafìsica, così trovano posto nel sistema kantiano una «
metafìsica della natura » (il sistema dei principi razionali che governano la nostra
rappresentazione del mondo e che costituiscono la base razionale della fìsica) e una
« metafìsica dei costumi » (il sistema dei principi che determinano a priori ciò che è
bene e ciò che è male). La « metafìsica dell’umana mente », di cui parla il Vico, è
programmaticamente una scienza che rifiuta ogni ipotesi arbitraria e che intende
costruirsi come risultante di una ricognizione accurata di tutta la storia umana, dal