Page 54 - Dizionario di Filosofia
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amicizia con Thomas Mann, che ebbe a riconoscere in lui il suo « vero consigliere

          segreto  »  nell’elaborazione  del Doctor  Faustus.  Tornato  in  Germania  dopo  la
          guerra,  insegnò  filosofia  e  sociologia  a  Francoforte  e  vi  diresse  l’Istituto  per  le
          ricerche sociali.
          Di  formazione  storicistico-marxista,  ma  non  alieno  da  influssi  di  stampo
          esistenzialistico  e  freudiano,  è  essenzialmente  uno  studioso  della  società  e  della
          condizione umana contemporanee, in cui vede in atto i temi marxiani dell’alienazione

          e  della  reificazione*,  e  non  solo  nella  società  capitalistica,  ma  anche  in  quelle
          collettivistiche,  poiché  i  meccanismi  stessi  della  produzione,  oltre  che  la
          tecnicizzazione  sempre  crescente,  sono  di  per  sé  alienanti  e  disumanizzanti.  La
          cultura che ne deriva è di necessità « di massa », asservita, involgarita; l’artista può
          salvarsi solo rinunciando ad alienarsi, ma a prezzo di astrazione e di solitudine (così
          come, in campo musicale, Schönberg ha fatto, contrariamente a Stravinskij, assorbito
          totalmente dal gusto della collettività). Pertanto, attraverso una metodologia critica

          fornitagli dal marxismo, Adorno conduce un’analisi lucidissima e « negativa » della
          società, dietro la quale trapela di tanto in tanto la nostalgia per certe forme borghesi
          e un ideale aristocratico dell’artista. Opere principali: Dialettica dell’illuminismo
          (1947), Filosofìa della musica moderna (1949), Minima Moralia (1951), Tentativo
          su  Wagner  (1952), Dissonanze  (1956), G.  Mahler  (1960), Introduzione  alla
          sociologia della musica (1962), Dialettica negativa (1966).

          Bibliogr.:  Kierkegaard.  La  costruzione  dell’estetico  (1933),  Milano  1962;
          Dialettica dell’Illuminismo (1947),  Torino 1966; Filosofia della musica moderna
          (1949), Torino 1959; in collaborazione con altri: La personalità autoritaria (1950),
          2  voll.,  Milano  1973; Minima moralia  (1951),  Torino  1954; Tre  studi  su  Hegel
          (1963),  Bologna  1971; Dialettica negativa  (1966),  Torino  1970;  su A.: Aa.  Vv.,

          Zeugnisse Th. W. A. zum 60. Geburtstag, Francoforte sul Meno, 1963.
          ADVAITA  (parola  sanscrita  che  significa non-dualità).  Dottrina  fondamentale  del
          vedānta,  secondo  la  quale  il  dualismo  dell’io  e  del  mondo  è  il  risultato
          dell’illusione (mayā) e dell’ignoranza (avidyā).

          AFASIA.  Nello  scetticismo  antico,  e  particolarmente  in  Pirrone,  l’atteggiamento
          proprio di chi, rinunciando ad affermare o negare alcunché, non si pronuncia intorno
          alla vera natura delle cose, che sarebbero, secondo questa dottrina, sempre incerte e
          indeterminabili,  per  aderire  soltanto  a  ciò  che  è  attestato  dai  sensi  in  maniera
          immediata. (Tale atteggiamento conduce all’imperturbabilità, all’atarassia*.)

          AFFETTIVITÀ. L’insieme dei fenomeni affettivi, ossia il complesso degli istinti, delle
          emozioni,  dei  sentimenti,  delle  passioni.  Analisi  della  vita  affettiva  sono  state
          condotte  da  filosofi  antichi  e  moderni  (Platone,  Aristotele,  gli  stoici,  Cartesio,
          Spinoza,  Leibniz,  Herbart  ecc.)  i  quali  hanno  studiato  soprattutto  le  «  passioni
          dell’anima », in particolare il problema della loro natura e classificazione e quello
          della  loro  valutazione  morale.  Tuttavia  solo  con  la  psicologia  moderna  lo  studio

          dell’affettività  viene  posto  su  basi  scientifiche,  integrando  il  tradizionale  metodo
          introspettivo  con  metodi  oggettivi  (comportamentistico,  sperimentale,  ecc.),  con
          l’esame delle componenti e condizioni fisiologiche e, in collaborazione con le altre
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