Page 50 - Dizionario di Filosofia
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alla  sua  essenza;  si  contrappone  alla sostanza  e  agli attributi,  che  costituiscono

          invece l’essenza e le proprietà essenziali di una cosa. Accidente è termine introdotto
          da Aristotele come « ciò che appartiene a qualcosa e può essere detto con verità, ma
          non necessariamente, né per lo più ». Pertanto esso è ciò che sopravviene a una cosa
          (quod accidit), ciò che in essa si riscontra senza essere necessariamente legato alla
          sua idea, né far parte della sua definizione. Da Porfirio, nell’Isagoge, viene definito
          come « ciò che può esserci e non esserci senza che il soggetto cessi di essere quello

          che è », e viene incluso tra i cinque universali predicabili delle cose (gli altri quattro
          sono  il genere,  la specie,  la differenza,  il proprio).  Nella  filosofia  medievale
          vengono  poste  varie  distinzioni,  tra accidente  fisico  (come  entità  distinta  dalla
          sostanza) e accidente logico (come predicato esprimente un carattere non necessario
          di un soggetto), separabile e inseparabile, ecc.
          •  Il sofisma dell’accidente consiste nel trarre una conclusione assoluta da un fatto
          accidentale,  come  quando  dagli  effetti  nocivi  di  un  medicamento  si  conclude  la

          negatività della medicina.
          Achille  (ARGOMENTO  DI),  uno  degli  argomenti  che  Zenone  di  Elea  avanzava  per
          provare  la  impossibilità  logica  del  movimento.  Achille  non  può  raggiungere  la
          tartaruga  che  ha  su  di  lui  un  vantaggio,  per  piccolo  che  esso  sia.  Infatti,  per

          raggiungere la tartaruga, Achille dovrebbe dapprima arrivare al punto in cui questa
          si trovava quando egli ha cominciato a correre, poi al punto in cui la tartaruga è
          arrivata nel frattempo, e così di seguito all’infinito. È dunque impossibile che il più
          lento sia raggiunto dal più rapido e, in senso generale, impossibile raggiungere una
          meta qualsiasi: dunque il movimento stesso è impossibile. L’argomento si fonda su
          questa tesi: uno spazio dato non può essere percorso se non sono percorse tutte le
          singole parti che lo compongono, e ciò è impossibile dal momento che dette parti

          sono in numero infinito.
          A  questo  argomento  Aristotele  rispondeva  che,  se  il  tempo  e  lo  spazio  sono
          divisibili all’infinito in potenza, non sono divisi all’infinito in atto: di conseguenza
          una distanza finita, che Zenone diceva non percorribile perché divisibile in frazioni
          infinite, è infinita nella considerazione mentale, ma in concreto si compone di parti
          finite, e quindi può essere percorsa.

          ACHILLINI  (Alessandro),  anatomista  e  filosofo  italiano  (Bologna  1463-1512),
          professore  di  filosofia  e  di  medicina  all’università  di  Bologna  (1485-1506),  poi
          all’università di Padova per due anni, e poi ancora a Bologna (1508-1512). Fu un
          aristotelico  seguace  dell’interpretazione  averroistica,  che  egli  però  cercò  di
          temperare, per accordarla con le dottrine della Chiesa cattolica. Sostenne l’unicità

          dell’intelletto  possibile  per  tutti  gli  uomini,  considerandolo  però  come  una  forma
          inerente alla virtus o anima cogitativa dei singoli. Tra le opere di filosofia, notevoli
          i Quodlibeta de intelligentüs (1494).
          Bibliogr.: Alexandri Achillini Bononiensis philosophorum nostrae aetatis decoris

          opera, Venezia 1508; su A.: F. Fiorentino, P. Pomponazzi. Studi storici su la scuola
          bolognese e padovana del secolo XVI con molti documenti inediti, Firenze 1868; B.
          Nardi, Saggi sull’aristotelismo padovano, Firenze 1958.
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