Page 47 - Dizionario di Filosofia
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Fulberto, e del loro matrimonio segreto. Dopo il dramma della sua evirazione a
opera di alcuni sicari di Fulberto, si fece monaco e si ritirò nell’abbazia di Saint-
Denis. Richiesto dai suoi discepoli, riprese ben presto l’insegnamento; ma il suo
trattato De untiate et trinitate divina fu condannato dal concilio di Soissons del
1121, che lo accusò di aver espresso opinioni eterodosse sulla Trinità. Nel concilio
di Sens (1141) san Bernardo ottenne contro di lui una nuova condanna, ma Pietro il
Venerabile lo accolse nella sua abbazia di Cluny e tentò di riconciliarlo con la Santa
Sede.
La filosofia di Abelardo, che fu uno degli spiriti più geniali e originali del
medioevo, costituisce un tentativo di ripensamento critico, in senso moderno, delle
concezioni tradizionali. Le sue dottrine logiche, elaborate senza che egli potesse
disporre di altri trattati logici di Aristotele all’infuori di quelli che erano stati
tradotti e commentati da Boezio, non solo sono molto avanzate rispetto alla filosofia
del suo tempo, ma esercitarono un’influenza determinante su tutti gli sviluppi
successivi della logica medievale. Nella questione degli universali, Abelardo si
contrappone sia al realismo, sostenuto allora dal suo maestro Guglielmo di
Champeaux, sia al nominalismo estremo di Roscellino: polemizzando contro il
realismo, che affermava la realtà ontologica delle essenze universali, Abelardo
sostiene che reali sono soltanto gli individui e i fatti particolari; ma conferisce poi
all’intelletto la possibilità di ricavare, mediante l’astrazione, da quelle realtà
particolari immagini comuni, che sono appunto i concetti, significati dai nomi
universali. Questi non sono, come per Roscellino, pure e semplici parole (voces),
nella loro realtà fisica di « emissioni di fiato », ma parole significanti (sermones),
cioè assunte per convenzione da parte degli uomini a rappresentare, nel discorso
umano, le immagini comuni ricavate dall’intelletto (tale dottrina viene chiamata
talora concettualismo*). In teologia, Abelardo introdusse il metodo dialettico, non
nell’intento di razionalizzare la fede (a torto alcuni hanno fatto di lui un razionalista
in questo senso), ma per spiegare i fondamenti della fede « con analogie tratte
dall’umana ragione », rifiutando l’atteggiamento di chi accetta in modo inerte e
passivo le verità religiose solo per tradizione. Nel Sic et non mise a confronto i
passi apparentemente contraddittori dei padri della Chiesa, a proposito di
centocinquantasette questioni, non per distruggere il principio d’autorità, ma per
sollecitare gli animi a risolvere le singole questioni, superando le apparenti
contraddizioni: iniziò così un procedimento didattico che fu poi seguito per secoli.
L’etica di Abelardo è di fondamentale importanza nella storia delle dottrine morali:
egli insiste sul valore dell’interiorità, dell’intenzione, in quanto senza il consenso
della volontà e la coscienza del male non vi può essere peccato: nega perciò ogni
valore morale alle inclinazioni e agli impulsi naturali, e anche alle azioni esteriori.
Abelardo scrisse opere di logica (Glossae letterali a trattati di logica di Porfirio,
Aristotele e Boezio, la logica Ingredientibus e la logica Nostrorum petitioni
sociorum, anche esse in forma di glosse, e infine, nel 1121, in forma sistematica, la
Dialectica), di teologia (De unitate et trinitate divina [1118], Sic et non [1121],
Theologia Christiana [1123], Introducilo ad theologiam [1125]), di morale (Ethica