Page 528 - Dizionario di Filosofia
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vittima  di  un’imboscata  organizzata  da  elementi  comunisti  (dicembre  1936),  Mao

          riuscì a indurre il capo effettivo del Kuo-min tang ad una tregua, come prezzo della
          sua liberazione, per opporre un fronte comune contro i Giapponesi. La tregua, più
          volte violata durante la guerra, venne definitivamente rotta dopo la sconfitta e la resa
          giapponese.  Falliti  i  tentativi  di  mediazione  americana  (missione  del  generale
          Marshall,  novembre  1945  -  gennaio  1946),  la  guerra  civile  riprese  con  violenza
          (1946). Dopo una prima fase favorevole al Kuo-min tang le sorti si capovolsero a

          partire  dalla  seconda  metà  del  1947,  grazie  soprattutto  all’appoggio  dato  ai
          comunisti dalle popolazioni contadine a cui beneficio l’Armata rossa aveva attuato
          nelle zone occupate misure di riforma agraria. Mentre Chiang Kai-shek, con i resti
          del suo esercito, si ritirava a Formosa (Taiwan), Mao proclamò il 1° ottobre 1949 a
          Pechino la Repubblica Popolare Cinese della quale venne eletto primo presidente.
          Con  la  promulgazione  della  nuova  costituzione  fu  riconfermato  presidente  della
          repubblica,  conservando  anche  la  presidenza  del  comitato  permanente  dell’uificio

          politico  del  partito  comunista  (1954).  Il  parziale  fallimento  della  politica  del  «
          grande balzo in avanti » e del movimento per l’istituzione delle comunità del popolo
          delle  campagne  (comuni),  previste  dalla  costituzione  del  1954,  portarono  a  una
          diminuzione  del  prestigio  di  Mao  che  non  ripresentò  la  propria  candidatura  alla
          carica di presidente della repubblica (aprile 1958), a favore di Liu Shaochi. Da quel
          momento  Mao,  riservatasi  la  presidenza  del  partito,  promosse  una  campagna  di

          denuncia  dei  gruppi  di  «  opportunisti  di  destra  »  dentro  e  fuori  del  partito  che  «
          sabotavano » la costruzione del socialismo in Cina. Avvenuta la rottura con Mosca
          che ritirò gli esperti sovietici dalla Cina (luglio 1960), Mao, nel decimo plenum del
          comitato centrale del PCC (settembre 1962), propose di intensificare la lotta contro
          il revisionismo a livello mondiale e la lotta contro « i dirigenti degenerati » in Cina
          attraverso  un  «  movimento  d’educazione  socialista  »,  che  durò  sino  al  1966.  Nel
          corso  di  quell’anno,  Mao  approvò  la  pubblicazione  del  primo  giornale  murale

          (dazibao), redatto all’università, che attaccava violentemente il sindaco di Pechino
          Peng  Cheng  e,  indirettamente,  lo  stesso  presidente  della  repubblica  Liu  Shao-chi.
          Questo fatto diede inizio alla « rivoluzione culturale proletaria », sostenuta da Mao e
          da  Lin  Piao  che  fecero  appello,  contro  l’apparato  del  partito,  agli  studenti  e  ai
          contadini che costituirono il movimento delle « guardie rosse » (agosto 1966). Mao

          riguadagnò  in  tal  modo  la  maggioranza  che  aveva  perduto  in  seno  al  PCC,
          esautorando tutti i suoi avversari, compreso Liu Shao-chi, che venne privato della
          sua  carica  ed  espulso  dal  partito  (ottobre  1968).  Poeta  e  studioso  oltreché  uomo
          d’azione,  Mao  Tse-tung è considerato uno dei grandi teorici del marxismo.  I suoi
          principali scritti teoretici sono Sulla Pratica (1937) e Sulla Contraddizione (1937).
          Nel primo egli insiste sull’importanza della prassi rivoluzionaria, fondamentale non
          solo per l’azione, ma anche per la conoscenza della realtà concreta. Nel secondo,
          riprende  la  tesi  marxista  della  dialetticità  del  reale,  sottolineando  accanto  alla

          universalità  la  particolarità  della  contraddizione,  per  cui  il  movimento  dialettico
          assume forme particolari in ogni cosa particolare ed è causa della qualità specifica
          di quella cosa, riprendendo così gli insegnamenti di Lenin dell’ « analisi concreta
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