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(Surrey). Nel 1798 pubblicò anonimo il Saggio sul principio di popolazione di cui
diede la versione definitiva nel 1803. Nel 1805 fu nominato professore di economia
politica nel collegio di Haileybury. Le altre sue opere fra cui Ricerca sulla natura e
sul progresso della rendita (1815), Principi di economia politica considerati dal
punto di vista della loro applicazione pratica (1820), La misura del valore (1823)
e Definizioni di economia politica (1827) sono meno famose del Saggio, ma non
meno importanti. Infatti Malthus ha legato il suo nome oltre che alla controversa
teoria della popolazione anche all’analisi monetaria, allo studio della rendita
fondiaria e alla cosiddetta teoria degli « ingorghi generali » (in base alla quale le
depressioni economiche sarebbero dovute, da una parte, all’eccessivo aumento del
risparmio e degli investimenti e, quindi, dell’offerta di prodotti; dall’altra,
all’insufficiente aumento della domanda di beni di consumo). Malthus identifica la
causa principale della miseria nel fatto che la popolazione tende ad aumentare più
rapidamente dei mezzi di sussistenza. In particolare, sostiene che, mentre la
popolazione tende ad aumentare in progressione geometrica, i mezzi di sussistenza
tendono ad aumentare in progressione aritmetica. L’incremento demografico può
tuttavia essere ritardato da freni repressivi come guerre, epidemie, carestie o da
freni preventivi come la restrizione morale. Quest’ultima, a cui Malthus esorta tutti
gli uomini e soprattutto i poveri, consiste in una limitazione volontaria delle nascite
attraverso l’astensione dal matrimonio. Malthus propone quindi di adottare ogni
misura atta a scoraggiare la natalità e di abolire la « legge sui poveri », poiché la
carità è un incentivo all’incremento di popolazione. Di orientamento reazionario,
Malthus fu un deciso sostenitore degli interessi della proprietà fondiaria.
Bibliogr.: Saggio sul principio di popolazione, a cura di A. Cablati e G. Prato,
Torino 1959; J. Bonar, Malthus and his work, Londra 1885; K. Smith, The
malthusian controversy, Londra 1951; J. F. Mc Cleary, The malthusian theory of
population, Londra 1953; H. A. Boner, Hungry generations: the 19th century case
against malthusianism, Nuova York 1955; D. E. C. Eversley, Social theories of
fertility and the malthusian debate, Oxford 1959.
MANA. Termine delle lingue melanesiane e polinesiane, usato dagli storici delle
religioni per indicare una forza soprannaturale, impersonale e indifferenziata. Dai
sostenitori della cosiddetta dottrina preanimistica il termine venne usato per indicare
una concezione dinamistica e impersonale del divino che avrebbe preceduto
ovunque, presso i primitivi, l’apparire di divinità personali. Il progresso degli studi
ha mostrato che la concezione del mana può coesistere in realtà con quella di
divinità personali, e che la sua portata, anche nelle civiltà dell’Oceania, è in
sostanza più ristretta di quanto si riteneva in passato.
MANCINI (Celso), filosofo italiano (Ravenna 1542 - Alessano, Lecce, 1612). Nel
1590 fu chiamato da Alfonso II d’Este ad insegnare filosofia nello Studio ferrarese.
Dopo la pubblicazione dell’opera sua maggiore, il De juribus principatuum (1596),
ottenne da papa Clemente VIII il piccolo vescovado di Alessano. Il Mancini, sulla
linea di una sostanziale fedeltà alla tradizione tomistica, propone una « ragion di
Stato cristiana », immune dai cedimenti al machiavellismo, di cui si erano più o