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MĀDHYAMIKA  («  seguaci  del  sistema  mediano  »).  Scuola  filosofica  buddhista

          mahayanica fondata da Nāgārjuna e diffusasi anche nel Tibet e in Cina. La dottrina
          della  scuola,  approfondita  da  commentatori  quali  Giandrakīrti,  consiste
          essenzialmente  in  un  sistema  di  logica  che,  col  dimostrare  l’insostenibilità  di
          qualsiasi tesi, porta alla concezione della totale irrealtà delle cose, le quali tuttavia
          devono essere accettate sul piano pratico come unica via possibile alla salvazione.

          MAGGIORE.  Nella  logica  formale,  termine  estremo  del  sillogismo  che  ha  maggior
          estensione* e della premessa che lo contiene. (Ad es. nel sillogismo « Gli uomini
          sono mortali; Socrate è uomo; Socrate è mortale », in cui gli estremi sono mortale è
          Socrate,  e  chiaro  che  il termine  maggiore  è mortale  e  che  quindi  la  premessa
          maggiore è: Gli uomini sono mortali.)

          MAGÌA (gr. mágeia). La magia ha la sua base in una forma particolare del pensiero
          causalistico, che ammette che l’azione su una parte di un tutto si rifletta sul tutto, che
          l’azione  su  un  simulacro  si  riproduca  sul  modello,  che  oggetti  simili  producano
          effetti  simili.  Questi  aspetti  della  magia  sono  documentati  sin  dalla  preistoria.  In
          linea teorica l’atteggiamento magico comporta la credenza in un’efficacia diretta e
          immediata del gesto e della parola rituali in sé, mentre l’atteggiamento religioso, pur

          facendo ampiamente ricorso a formule e atti che esteriormente richiamano la magia,
          ne attribuisce l’efficacia all’intervento della divinità; tuttavia non è sempre facile, in
          pratica, tracciare una demarcazione netta tra pratiche magiche e pratiche religiose e
          in realtà le due posizioni possono coesistere, e spesso, ad es., tipiche formule di
          incantesimo  contengono  anche  invocazioni  a  una  divinità.  Ciò  differenzia,  sin
          dall’antichità, una magia nera, volta a fini malefìci e spesso delittuosi, e una magia
          bianca, volta a fini benefici: la prima si serve dell’aiuto di divinità infernali e di

          demoni, dei cosiddetti spiriti inferiori, che il mago è in grado di costringere ad agire
          per  lui.  La  magia  nei  suoi  diversi  aspetti  ebbe  un’importanza  grandissima
          nell’antichità,  come  l’ha  tuttora  presso  molti  popoli  arcaici,  penetrando  tutti  gli
          aspetti della vita: così, la regalità ha origini magiche, in quanto il sovrano veniva
          ritenuto artefice, e perciò responsabile, della prosperità della comunità attraverso
          mezzi magici, e capace, ad es., di guarire i malati per mezzo dell’imposizione delle

          mani, credenza che è sopravvissuta in Europa sino all’età moderna.
          Anche la medicina ha coinciso per lungo tempo con la magia: alcune pratiche, come
          quella del salasso, furono originariamente di natura magica, e le effettive proprietà
          terapeutiche di varie piante furono anticamente individuate partendo da premesse di
          magia simpatica. Infine anche le arti figurative hanno origini magiche: le pitture delle
          caverne,  per  citare  l’esempio  più  antico,  venivano  a  quanto  sembra  eseguite  con
          finalità magiche (magia di caccia).

          • India. Nelle religioni indiane, le dottrine magiche occupano un posto particolare.
          Già  il Rg  Veda  attribuisce  poteri  magici  ai  sacerdoti  e  contiene  formule  di  tipo
          magico;  l’Atharvaveda  è  essenzialmente  di  contenuto  magico.  Le  pratiche
          dell’ascetismo  indiano  hanno  un  contenuto  magico:  i  poteri  raggiunti  dall’asceta
          agiscono, in un certo senso, indipendentemente dalla sua volontà. L’asceta può, del
          resto, imporre la sua volontà anche agli dei, e gli dei stessi, per aumentare il proprio
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