Page 509 - Dizionario di Filosofia
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mentre era in pieno svolgimento la rivolta di Béla Kun, nel 1919 tenne nel governo
          rivoluzionario  la  carica  di  ministro  della  pubblica  istruzione  e  di  commissario
          politico  della  quinta  divisione.  Alla  caduta  della  repubblica  popolare,  Lukács
          dovette cercare rifugio all’estero, in Austria, in Germania, in Svizzera e, infine, dal
          1933 in URSS, dopo aver soggiornato per un breve periodo anche in Italia. L’attività
          propriamente  politica  di  Lukács  aveva  avuto  termine  già  nel  1929,  con  la  sua

          estromissione dal Comintern. Egli aveva redatto l’anno precedente le cosiddette Tesi
          di Blum, in cui veniva anticipata la prospettiva dei fronti popolari, visti però non
          come  un  ripiego  tattico  imposto  dalle  circostanze,  ma  come  l’unica  via  aperta  al
          movimento comunista per liberarsi dalle strette del centralismo autoritario. Dopo il
          1945  tenne  la  cattedra  di  estetica  dell’università  di  Budapest  e  non  svolse  una
          attività  politica  di  rilievo  fino  alla  rivolta  del  1956,  che  lo  vide  ministro
          dell’educazione  e  della  cultura  nazionale  nel  governo  Nagy.  Soffocata  la  rivolta

          ungherese, Lukács fu imprigionato e deportato in Romania, da dove gli fu consentito
          più tardi di tornare in patria.
          Egli  ha  dichiarato  più  volte  che  la  sua  posizione  di  studioso  è  fondamentalmente
          ancorata alla certezza che tertium datur, che esiste cioè la possibilità di mediare e
          di  superare  gli  estremismi  della  civiltà  contemporanea  per  una  ragione  dialettica
          rigorosamente  impegnata.  Egli  ha  sottolineato  nell’arte  il  valore  della  continuità

          della tradizione, diffidando sempre dell’avanguardia senza radici, e ha additato al
          tempo stesso la povertà velleitaria di certi prodotti del realismo socialista. Sul piano
          più strettamente filosofico  Lukács ha cercato di elaborare una estetica marxistica,
          sulla base della teoria del « rispecchiamento ». C’è un rispecchiamento scientifico e
          c’è un rispecchiamento estetico della realtà: ambedue rinviano allo stesso contenuto
          e alle stesse categorie, e la specificità dell’atto estetico va colta entro questa identità
          fondamentale. L’arte è per lui una conoscenza che, sviluppandosi entro le categorie

          di singolarità, particolarità, universalità, conferisce alla particolarità perfettamente
          elaborata una validità definitiva.
          Opere principali, oltre a quelle citate: Storia e coscienza di classe (1923), Saggi sul
          realismo  (1946), Il  giovane  Hegel  (1948), Esistenzialismo  o  marxismo  (1948),
          Breve  storia  della  letteratura  tedesca  (1949), Progresso  e  reazione  nella
          letteratura tedesca  (1950), La  distruzione  della  ragione  (1954), Prolegomeni  a

          una estetica marxistica (1957), Il significato attuale del realismo critico (1957).
          Bibliogr.: Aa. Vv., G. Lukács zum siebzigsten Geburtstag, Berlino 1955; C. Cases,
          Marxismo e neopositivismo,  Torino  1958;  R.  Musolino, Marxismo ed estetica in
          Italia,  Roma  1963;  V.  Zitta, G.  Lukàcs’s  marxism:  alienation,  dialectics,
          revolution.  A  study  in  utopia  and  ideology,  L’Aia  1964;  Aa.  Vv., Festschrift  G.

          Lukács, Berlino 1965; M. Vacatello, G. Lukács da « Storia e coscienza di classe »
          al giudizio sulla cultura borghese, Firenze 1968.
          ŁUKASIEWICZ  (Jan),  filosofo  polacco  (Leopoli  1878  -  Dublino  1956).  Iniziò  la
          carriera  accademica  nel  1906  come  professore  all’università  di  Leopoli  e  fu  poi

          chiamato nel 1915 a quella di Varsavia. Nel 1946 emigrò a Dublino, dove risiedette
          e  lavorò  fino  alla  morte.  Fondatore  della  scuola  logica  polacca,  influenzò
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