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nazionale (1919-1933).

          LONGINO (Caio Cassio), in gr. Longînos, filosofo e retore greco (Palmira, o Emesa,
          o Atene, 213 circa – Palmira 273). Scolaro del neoplatonico Ammonio Sacca e di
          Origene,  divenne  poi  a  sua  volta  capo  della  scuola  ed  ebbe  fra  i  suoi  discepoli
          Porfirio. Dopo aver insegnato in Atene e in Siria, fu in seguito accanto a Zenobia,

          regina di Palmira, prima in qualità di precettore, poi come ministro. Considerato uno
          dei principali responsabili della resistenza opposta dalla regina ai Romani, dopo la
          caduta  di  Palmira  fu  giustiziato  per  ordine  di  Aureliano.  Di  tutta  la  sua  opera
          filosofica ci resta solo un frammento del trattato Sul sommo bene, mentre è giunto
          fino a noi parzialmente un Trattato di retorica, Longino fu celebre soprattutto come
          critico letterario e questa sua fama è all’origine dell’antica tradizione che vide in lui
          erroneamente l’autore del Trattato del sublime*, che è certamente molto più antico.

          L’ignoto  autore  del Trattato  è  oggi  indicato  abitualmente,  in  ricordo  dell’antica
          attribuzione, col nome di pseudo-Longino.
          LOSEV (Aleksej Fëdorovič), filosofo russo (Kiev 1893). Partendo da una revisione
          critica del fenomenologismo moderno, è giunto a una concezione essenzialmente «

          eidetica  »  della  realtà,  concezione  che  egli  sviluppa nell’opera La  filosofia  del
          nome (1927). Il nome di un oggetto è in fondo, secondo Lösev, l’oggetto stesso nel
          suo aspetto intelligibile.  Da ciò consegue che, se l’essenza è un nome, l’universo
          intero  è  un  nome.  In  Losev  «  la  filosofia  del  nome  »  ha  avuto  un’elaborazione
          rigorosa, tanto da costituire un contributo determinante in ogni ulteriore ricerca sul
          significato filosofico del linguaggio umano. In seguito Losev si è dedicato allo studio
          della filosofia antica. Opere principali: Il cosmos antico e la scienza moderna, La

          dialettica della forma artistica (ambedue del 1927), Saggi del simbolismo antico e
          della mitologia  (1930), Introduzione alla teoria generale del modello linguistico
          (1960), Storia dell’estetica antica (1963-1974).
          LOTZE (Rudolph  Hermann), filosofo e fisiologo tedesco (Bautzen,  Dresda, 1817 -

          Berlino 1881). Insegnò filosofia nelle università di Lipsia (1842), di Gottinga (1844)
          e infine di Berlino (1881).
          Fu  avversario  deciso  dell’ipotesi  vitalistica  e  seguace  del  più  rigoroso
          meccanicismo.  Tutti  i  fenomeni  naturali,  anche  quelli  biologici,  sono  la  risultante
          delle azioni reciproche degli atomi. Tuttavia il mondo naturale esige una fondazione
          metafisica. Sotto l’influenza del Leibniz il Lotze concepisce la realtà come costituita
          da centri di energia dotati di attività Spirituale, i quali sono peraltro, a differenza

          delle  «  monadi  »  leibniziane,  legati  da  reciproche  relazioni.  Questi  enti  sono
          modificazioni  di  una  Sostanza  unica,  universale  e  infinita,  la  quale  realizza
          nell’armonico  concerto  delle  sue  manifestazioni  un  proprio  disegno  di  bontà  e  di
          bellezza. L’Essere è dunque anche il Sommo Bene, principio e norma del vero, del
          bello e del buono. In questo « idealismo finalistico », come il Lotze stesso denomina
          il suo sistema, la metafisica è subordinata all’etica e il meccanicismo alla finalità.

          Opere  principali: Metafisica  (1841); Logica  (1843); L’idea  del  bello  (1846);
          Principi  di  psicologia  fisiologica  (1852); Microcosmo,  idee  sulla  storia  della
          natura  e  sulla  storia  dell’umanità  (1856),  la  sua  opera  maggiore; Storia
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