Page 502 - Dizionario di Filosofia
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loro insieme un capitolo importante della storia della logica, a partire dalla filosofia
ellenistica. Ma la riflessione logica del medioevo è prevalentemente interessata,
oltre che al raffinamento e all’approfondimento delle operazioni della tecnica
dimostrativa, alla trattazione di alcune questioni pregiudiziali, che nell’Organon
aristotelico erano state lasciate indeterminate o erano state date per risolte. Sorge
così la questione degli universali*, relativa al tipo di realtà che deve essere
attribuita agli enti usati nel discorso logico, con la conseguente distinzione fra
realisti*, concettualisti* e nominalisti* e con la conclusione agnostica di Buridano e
della sua scuola, che anticipa le posizioni più rigorose della logica contemporanea:
la logica è una scienza formale pura, del tutto indifferente alla soluzione che può
esser data in altra sede al problema metafisico-gnoseologico relativo alla natura dei
suoi enti. La reazione antiscolastica dell’Umanesimo si manifesta con particolare
vigore polemico proprio nel campo della logica: all’argomentazione inutilmente
formalizzata, si oppone l’esigenza di una logica pratica, strettamente dipendente dai
contenuti e dai fini del discorso. Si ritorna anche qui all’ideale ciceroniano della
logica-retorica, e cioè alla logica come scienza pratica del discorso persuasivo,
mentre nel ramismo (e cioè nel movimento di riforma promosso da Pietro Ramo)
viene soprattutto sottolineata la sua funzione di metodologia della ricerca, nel campo
delle discipline storiche e morali. Questo processo di trasformazione della logica in
metodologia delle scienze particolari ha la sua manifestazione più completa nella
riforma operata nel Seicento da Francesco Bacone e da Galileo. Bacone volle col
Novum Scientiarum Organum fornire le regole di una metodologia dell’inferenza
induttiva, che nell’Organon aristotelico non aveva avuto una trattazione adeguata;
Galileo si mosse nella stessa direzione, avvantaggiato da una ricca esperienza
dell’indagine concreta e da una profonda consapevolezza della rivoluzione
metodologica rappresentata dall’uso dello strumento matematico. Tuttavia a favore
di una riconsiderazione autonoma dei problemi della logica formale agiva, a partire
dal XVI sec., la rinascita euclidea: matematici e filosofi erano stimolati a cercare di
rendersi conto analiticamente del segreto che stava sotto quello che sembrava un
perfetto meccanismo argomentativo, sorretto da un meraviglioso rigore. Prendeva
così corpo l’idea, già sostenuta da alcuni scolastici, che la logica fosse un calcolo,
un complesso di operazioni eseguite secondo regole convenzionali, il che non
significa del resto arbitrarie. Un tale convincimento è alla base della dottrina logica
di Hobbes, alla quale Leibniz cercò di dare un seguito applicativo col suo progetto
di una caratteristica universale, cioè di una simbolica che designasse puntualmente
tutte le idee universali e che rendesse così possibile l’esecuzione, in qualche misura
automatica, delle operazioni e delle trasformazioni logiche. Peraltro Kant, pur
riconoscendo l’autonomia della logica formale, considera come oggetto specifico
della critica della ragione la logica trascendentale, cioè la dottrina delle forme a
priori della conoscenza in quanto costitutive della stessa realtà. La logica tende così
necessariamente, soprattutto dopo Hegel, a identificarsi con la stessa filosofia, intesa
come conoscenza o autoconoscenza della realtàidea o della realtà-spirito. Così nella
Logica crociana (1909) la logica è definita come scienza del concetto puro, il quale