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1632-1704, Manchester 1933; R. I. Aaraon, John Locke, Oxford 1937; C. A. Viano,
John Locke, dal razionalismo all’illuminismo, Torino 1960; A. L. Leroy, Locke, sa
vie, son oeuvre, avec un exposé de sa philosophie, Parigi 1964.
LÒGICA. In senso molto generale il termine designa fin dall’antichità la scienza e
l’arte del pensare e del parlare corretti, conformemente alla duplicità di significato
della parola greca lògos (discorso e pensiero). È tuttavia singolare che nella
trattazione sistematica di gran lunga più famosa elaborata dalla filosofia greca, che è
l’Organon di Aristotele, la parola logica non compaia mai. Gli oggetti studiati nel
complesso delle opere aristoteliche riunite nell’Organon (che significa « strumento
») sono i termini della proposizione (soggetto e predicato), la proposizione stessa e
infine la connessione dimostrativa delle proposizioni (il sillogismo). Il termine è
invece largamente usato dagli stoici per designare l’arte del discorso persuasivo e la
scienza che ne ricerca le regole. Se l’accento dell’indagine cade sugli accorgimenti
espressivi e sulla scelta e la successione degli argomenti opportuni, l’arte del
discorso persuasivo si chiama retorica, mentre lo studio della tecnica dimostrativa
propriamente detta prende il nome di dialettica. Nella tarda filosofia greca, così
come in Cicerone e in Boezio, logica e dialettica designano indifferentemente la
scienza e l’arte del discorso rigoroso, e l’uso continua nel corso della storia del
pensiero logico medievale: la dialettica (o logica) è una delle arti del trivio (insieme
con la grammatica e la retorica), cioè del triennio propedeutico che, nella
formazione dell’intellettuale del medioevo, apriva la strada al successivo quadrivio.
Il complesso delle nozioni basilari derivate dall’Organon, e accolte in genere dalla
logica medievale, può essere riassunto nel modo seguente. L’uomo, in quanto pensa,
giudica e ragiona: il giudicare e il ragionare sono operazioni che si possono
effettuare solo mediante l’uso di nozioni generali o concetti. Perciò alla base della
logica deve porsi necessariamente una teoria del concetto*. L’unione di concetti dà
luogo al giudizio*, il quale nella sua espressione verbale tipica è costituito dal
soggetto, dal predicato e dalla copula che li lega.
Il ragionamento è costituito da una serie concatenata di giudizi, in virtù della quale
conseguenze necessarie vengono derivate dalle premesse opportunamente scelte. Si
ha così la conoscenza chiamata dianoetica o discorsiva, in opposizione a quella
noetica o intuitiva, nella quale ultima il concetto è « visto » dalla mente in un atto
puntuale. La conoscenza discorsiva è immediata, se il passaggio dalla premessa alla
conclusione avviene direttamente, e mediata, se la premessa è legata alla
conclusione con l’ausilio di una proposizione intermediaria. La forma tipica del
ragionamento mediato è il sillogismo*, il quale consta di due premesse e di una
conclusione. La prima premessa, che include il termine più esteso (v. ESTENSIONE), si
chiama maggiore, mentre la seconda, che include il termine meno esteso, si chiama
minore. In ambedue è presente il termine medio, in forza del quale si realizza il
passaggio necessario dalle premesse alla conclusione. Es.: « Tutti gli uomini sono
mortali (maggiore); Socrate è un uomo (minore); Socrate è mortale (conclusione) ».
Le contestazioni della validità del ragionamento sillogistico, le accuse di
infecondità, la denuncia del circolo vizioso che esso includerebbe costituiscono nel